Come salvarsi da Internet

La rivoluzione tecnologica sembra fare proprio bene.
Come mai università prestigiose ed enti governativi stanno affrontando una vera e propria epidemia di disturbi psicologici legati all’uso intensivo di Internet e Social Network?
Ce lo spiega un lungo e approfondito articolo dal titolo “Internet ci rende pazzi?” uscito da poco tempo su Internazionale.it.
Ricerche ed esperimenti provenienti da tutto il mondo ci parlano di genitori che hanno lasciato morire il proprio bambino per curarne uno digitale, come accaduto già tempo fa. Oppure il caso degli studenti coreani collassati per più di 24 ore consecutive passate davanti all’iPhone. Sembra un bollettino di guerra destinato a farci abbandonare i nuovi mezzi di comunicazione.
Nel 2006 uno studioso che si occupava di valutare tali ricerche per uno dei maggiori giornali di psichiatria scrisse:
Cosa ci aspetta ancora? L’abuso di forno a microonde e la dipendenza da burro di cacao?
La nostra non vuole essere una minimizzazione del problema, bensì vogliamo vedere l’altra faccia della medaglia. Quella dell’uso attento e riflessivo della rete.
I numeri del web
Più del 75% degli utenti americani che usano internet, lo fanno per ricerche online e per l’utilizzo social.
Questo ha permesso lo sviluppo di un nuove branche del marketing: il web marketing e, poco più tardi, il social marketing. Entrambe si occupano di studiare il mercato e sviluppare rapporti commerciali come promozione, pubblicità e assistenza al cliente tramite il web.
Negli USA, secondo CareOne, trovando e curando i clienti attraverso i social si conserva un ciclo d’acquisto più lungo. Inoltre i moduli vengono compilati più spesso (172% in più) e i primi pagamenti dei clienti provenienti dai social sono il 732% in più rispetto a quelli tradizionali.
Senza contare l’esempio di Vamplets, un’azienda americana che produce simpatiche bambole vampiro, che con un investimento di 250$ mensili in social advertising riesce a generare 1000$ d’entrate.
In Italia queste due branche della comunicazione sono approdate da pochi anni, sopratutto la seconda sta guadagnando terreno e credibilità proprio in questo periodo.
Ne parla l’Istituto Nazionale Ricerche Turistiche nel suo studio del 2012: l’80% delle strutture alberghiere è online, il 41% dei turisti ha utilizzato internet per informarsi sulla struttura turistica e il 37% delle vendite di pacchetti vacanze avviene online.
E questo solo nel settore turistico!
Ce la faremo o no?
Possiamo arrivare a concludere alcuni fatti: più investimento c’è in questa “ricerca”, in questo nuovo tipo di comunicazione, più si creano posti di lavoro specializzati e preparati per affrontare un nuovo tipo di marketing.
Questa è un’opportunità che permetterà alle aziende di svilupparsi in un nuovo mercato ancora “vergine” nel nostro paese.
Invece l’allarmismo nei confronti della rete e dei social tende a guardare unicamente una parte della questione. Ci sono i preoccupanti casi limite, ma ci sono anche tutti gli elementi che hanno migliorato la nostra vita: la possibilità di prenotare un albergo on line, di scegliere un buon ristorante grazie alla valutazioni di altri utenti, di saltare file di università e uffici pubblici ricevendo via posta le documentazioni e così via. Questo non è né percepito, né valutato. Ma soprattutto queste sono esperienze da cui non è possibile tornare indietro.
Il punto cruciale è come la persona usa la tecnologia, non quest’ultima in sé. Quindi diventeremo pazzi o riusciremo a domare la nuova tecnologia?
Francesco Ricceri