Twitter dice no alla polizia newyorkese: prima la privacy della sicurezza

Un utente anonimo minaccia di emulare la strage di Aurora negli USA: Twitter rifiuta l’acceso ai dati alla polizia che li ottiene grazie a un giudice. Privacy e sicurezza… il dibattito è aperto.
E’ possibile tracciare un ragionevole confine fra privacy individuale e sicurezza collettiva nell’era dei social network? E, soprattutto, è ragionevole parlare di “privacy” e “sicurezza” oggi?
Come vi abbiamo raccontato in un articolo di alcune settimane fa, ha suscitato non poche polemiche la volontà espressa da Facebook di avvalersi di un nuovo software per “spiare” le chat private “sospette” degli utenti.
Un provvedimento giustificato dall’impegno che il colosso di Zuckerberg, in collaborazione con le forze dell’ordine statunitensi, vorrebbe dimostrare nella difesa della sicurezza nazionale e degli utenti più “deboli” (in particolare minorenni).
Una politica che, tuttavia, pare non essere condivisa dai cugini di Twitter.
E’ notizia di queste ultime settimane, infatti, che la polizia di New York è dovuta ricorrere con urgenza alla magistratura per obbligare Twitter – che in un primo momento aveva negato la collaborazione – a rivelare i dati di un utente reo di aver minacciato con un “cinguettio” di voler emulare la strage di Aurora, compiuta da un folle durante la prima del nuovo film di “Batman”.
“Non si tratta di uno scherzo, sono serio, moriranno come ad Aurora”, aveva “twittato” l’utente incriminato, la cui identità è tutt’ora anonima, dopo aver annunciato di voler compiere una strage al teatro Longacre di Manhattan, dove è in calendario lo spettacolo “Mike Tyson: Undisputed Truth” di Spike Lee.
Di fronte a quel “voglio uccidere molte persone”, la polizia aveva deciso di muoversi, con la massima rapidità, sollecitando Twitter a collaborare; ma il noto social network ha detto no, argomentando poi il suo fermo diniego spiegando che non sussistevano elementi emergenziali tali da rendere praticabile una violazione della privacy degli utenti.
Il caso, per ora, sembra essersi risolto con l’intervento della magistratura, che ha accolto l’istanza della polizia e imposto a Twitter di mettere a disposizione i propri dati.
Tuttavia rimane, naturalmente, irrisolto l’interrogativo iniziale.
Senza dubbio in questo caso specifico, sull’onda emotiva della strage che il 20 luglio scorso ha sconvolto l’America, il giudizio dei più penderà inesorabilmente a favore della sicurezza nazionale, apparentemente ostacolata dall’eccesso di zelo di Twitter.
Per lasciare, quindi, aperta la riflessione, le ultime righe sono per una vicenda presto dimenticata ma forse emblematica, anche per il futuro del web.
La messaggistica Blackberry, come sapevano i giovani delle periferie londinesi che lo scorso anno ne hanno approfittato per mettere a ferro e fuoco la città dandosi appuntamento con i loro smartphone, non è intercettabile. In tutto il globo meno che in Arabia Saudita.
Con la minaccia di bloccare tutti i Blackberry del Paese, infatti, due anni fa gli sceicchi hanno obbligato RIM a installare un server di messaggistica nel Paese, dando pieno accesso alle conversazioni al governo.
E se un domani accadesse anche ai social network?