Parker Conrad di Rippling esprime scetticismo sulle promesse dell’AI nel business attuale

L’innovazione tecnologica sta attraversando una fase di grande trasformazione grazie all’adozione crescente dell’intelligenza artificiale . Durante una recente intervista al podcast Found, Parker Conrad, fondatore della startup HR Rippling, valutata 13,5 miliardi di dollari, ha condiviso le sue opinioni critiche riguardo all’AI nel settore del software per la gestione delle risorse umane.

L’attrazione dell’illustrazione: l’AI nel software HR

Un’interazione superficiale con il software HR

Durante la sua partecipazione al podcast, Parker Conrad ha sollevato un punto cruciale: gli utenti non desiderano realmente interagire con il proprio software HR al di là del semplice stupore iniziale per le capacità di risposta dell’AI. Secondo lui, la vera utilità delle interazioni con i sistemi HR è limitata e spesso affrontata con un atteggiamento di incredulità.

L’attuale tendenza a rivestire i software HR di funzioni AI superflue ha portato a una saturazione di strumenti tecnici che si rivelano spesso inefficaci per le necessità reali delle aziende. La mancanza di sostanza e valore tangibile di molte soluzioni AI ha creato un disallineamento tra le aspettative degli utenti e la realtà delle applicazioni disponibili.

Conrad ha sottolineato come ci sia una grande quantità di strumenti privi di utilità concreta, il cui solo scopo è impressionare i potenziali utilizzatori senza apportare un reale valore aggiunto. Egli ha puntualizzato che, nonostante ci siano potenzialità straordinarie nell’intelligenza artificiale, molti dei prodotti attualmente in commercio non riescono a sfruttarle appieno.

Il fenomeno dell’AI washing nel settore tech

Un altro punto sollevato da Conrad riguarda il fenomeno noto come “AI washing”, in cui molte aziende reclamano di utilizzare intelligenza artificiale in modo determinante all’interno dei loro prodotti, quando in realtà si tratta di funzionalità molto più banali o superficiali. Questo atteggiamento si manifesta in un contesto economico in cui le aziende cercano disperatamente di cavalcare l’onda dell’innovazione per attrarre investimenti e incrementare il proprio valore di mercato.

Conrad ha evidenziato come, per le aziende del settore software as a service , ci sia stata un’enorme differenza di valutazione legata all’utilizzo del termine AI. Mentre un’azienda SAAS potrebbe avere un moltiplicatore di sette volte il proprio fatturato, riqualificarsi con un nome che include “.ai” può sollevare quel moltiplicatore fino a cinquanta volte. Questa situazione riflette una bolla speculativa e un’eccessiva enfasi sull’AI che non sempre trova corrispondenza nella qualità o nella funzionalità dei prodotti.

La rapida crescita delle startup AI

Statistiche significative sull’AI negli investimenti

Le dichiarazioni di Parker Conrad sono illuminate da dati concreti che attestano l’esponenziale crescita delle aziende AI nel mercato. Secondo Pitchbook, nel primo semestre di quest’anno, le aziende AI hanno rappresentato il 41% del valore complessivo degli affari negli Stati Uniti, accumulando ben 38,6 miliardi di dollari su un totale di 93,4 miliardi di dollari investiti in startup americane. Altri dati rivelano che oltre il 40% delle nuove startup “unicorn” sono società focalizzate sull’intelligenza artificiale.

Tali cifre dimostrano come l’AI non solo sta permeando numerosi settori industriali, ma sta anche modificando il panorama imprenditoriale. Le grandi aziende tecnologiche, partendo da questa premessa, hanno investito in misura notevole in startup di intelligenza artificiale, contribuendo così a incrementare i capitali dedicati a questo settore.

L’approccio dinamico delle aziende alla tecnologia AI

Nell’ecosistema delle startup californiane, molte figure influenti vedono nell’AI una strada maestra per l’automazione delle attività routine aziendali. Nekeshia Woods, managing partner in Parkway Venture Capital, ha osservato come l’intelligenza artificiale stia rapidamente diventando una componente fondamentale per migliorare l’efficienza dei processi operativi.

Woods ha descritto una futura integrazione dell’AI, compresa la possibilità di assistenti virtuali e robot di uso generico, promuovendo un’era in cui i clienti richiederanno prodotti e servizi sempre più personalizzati. Questo impegno verso valori qualitativi e l’ottimizzazione del tempo dei consumatori è scaturito dalla necessità di rendere l’esperienza di utilizzo più soddisfacente e mirata.

Un futuro incerto per l’AI

Le aspettative sulle opportunità dell’AI

Nonostante la crescente esuberanza per il potere che l’intelligenza artificiale potrebbe apportare al business, Conrad rimane scettico riguardo all’effettiva utilità di molti degli strumenti attuali. La sua riflessione si concentra sul valore di lettura che l’AI può offrire alle aziende: la capacità di elaborare informazioni non strutturate per migliorare la comprensione delle dinamiche interne di una società.

Questa visione potrebbe rappresentare una chiave di volta per affrontare le sfide correlate all’affidabilità dei modelli di AI, che spesso non risultano deterministici e quindi possono comportare rischi. Tuttavia, Conrad sottolinea come l’intelligenza artificiale possa comunque svolgere un ruolo importante nel segnalare anomalie e permettere una visione strategica mirata da parte dei manager.

L’emergere dell’AI fatigue

Il dibattito attorno ai termini di AI può generare frustrazione, noto anche come AI fatigue, che si palesa tra professionisti ed esperti del settore. Woods ha offerto una reinterpretazione di questo fenomeno, spostando l’attenzione su domande fondamentali. Gli investitori e gli imprenditori si chiedono infatti se l’ampia ondata di investimenti nell’AI porterà effettivamente a risultati tangibili e utili.

Conrad stesso ha definito difficile prevedere quando gli sforzi e i capitali spesi in AI daranno frutti concreti, evidenziando la necessità di un’analisi critica e profonda sulle effettive potenzialità di questa tecnologia nel business contemporaneo.

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