Il 28 marzo 2025, un terremoto di magnitudo 7.7 ha colpito il Myanmar, causando gravi danni e mettendo a rischio la vita di migliaia di persone. Le stime preliminari indicano che oltre diecimila persone potrebbero aver perso la vita a causa del sisma, mentre gli ospedali sono già al collasso per l’afflusso dei feriti. Le infrastrutture sono state pesantemente danneggiate, con aeroporti e strade compromessi, rendendo difficili le operazioni di soccorso.
La situazione attuale nel paese
Le immagini provenienti dalle zone colpite mostrano edifici distrutti e strade impraticabili. Secondo il Servizio Geologico degli Stati Uniti , c’è una probabilità del 67% che il numero delle vittime superi le diecimila unità. Gli ospedali stanno affrontando un’emergenza senza precedenti: i reparti sono pieni e si teme una diffusione rapida delle infezioni tra la popolazione già provata dal disastro.
Le autorità locali hanno avviato operazioni di soccorso per cercare i dispersi sotto le macerie, ma l’accesso alle aree più colpite è ostacolato dai danni alle infrastrutture. L’aeroporto principale della capitale Naypyitaw ha subito gravi danni alla torre di controllo, complicando ulteriormente le operazioni umanitarie.
In questo contesto drammatico emerge anche una contraddizione: se da un lato è urgente fornire assistenza umanitaria immediata ai sopravvissuti, dall’altro i sismologi cercano risposte per comprendere meglio l’evento sismico appena accaduto. Ogni grande terremoto offre spunti preziosi per migliorare la preparazione futura contro simili calamità.
Domande aperte tra gli esperti
I geologi stanno ponendo domande cruciali riguardo all’evento sismico: quanto è lunga effettivamente la rottura della faglia? Quale velocità ha avuto lo sviluppo della frattura? E quali saranno le conseguenze in termini di danno? Attualmente si dispone solo di dati preliminari che potrebbero evolversi man mano che proseguono gli studi sul campo.
La faglia coinvolta nel terremoto è quella di Sagaing ed è ben mappata in superficie; tuttavia, a causa della scarsità degli strumenti scientifici attivi nella regione, non si riesce ancora a determinare con precisione quale porzione sia stata interessata dalla rottura durante il sisma del 28 marzo.
Comprendere i grandi terremoti
È importante notare come i terremoti non siano semplicemente punti su una mappa; essi derivano dallo scivolamento lungo superfici all’interno della crosta terrestre. Kyle Bradley dell’Earth Observatory of Singapore spiega che mentre un piccolo sisma può essere rappresentato da un punto preciso sulla mappa dell’epicentro, eventi più grandi possono estendersi su distanze considerevoli — talvolta centinaia o addirittura migliaia di chilometri.
Quando si valutano gli effetti dei terremoti su edifici e infrastrutture lontane dall’epicentro stesso diventa fondamentale considerare non solo la distanza ma anche quanto sia lunga effettivamente la faglia coinvolta nella rottura.
Evoluzione delle stime sulla faglia
La faglia Sagaing presenta sfide particolari per gli scienziati impegnati nell’analisi post-sisma; infatti ci sono pochi strumenti disponibili in Myanmar per raccogliere dati accurati sul movimento della faglia durante il terremoto recente. Le prime stime dello slittamento erano basate su misurazioni effettuate da sismometri situati lontani dalla zona interessata dal sisma stesso.
Judith Hubbar dell’Università Cornell sottolinea come inizialmente fosse stato stimato uno slittamento massimo intorno ai cinque metri su una lunghezza approssimativa della rottura pari a duecento chilometri; tuttavia recentissime osservazioni suggeriscono ora uno slittamento massimo vicino ai sei metri lungo una lunghezza complessiva superiore ai duecentosettanta chilometri — con alcune ipotesi addirittura sopra i cinquecento chilometri — rendendo necessaria una revisione continua dei modelli utilizzati dagli esperti nel settore sismologico.
Impatti potenziali dei “supershear”
Un aspetto interessante riguarda il concetto dei cosiddetti “terremoti supershear”. Questi eventi avvengono quando lo scorrimento lungo la faglia supera velocità normali rispetto alla propagazione delle onde S nella roccia circostante; ciò può generare onde simili a boom sonici e amplificare notevolmente l’intensità delle scosse percepite nelle aree circostanti all’epicentro principale del tremore stesso.
Zhe Jia dell’Università del Texas evidenzia come questi fenomeni possano causare dannaggi significativi anche molto lontano dall’epicentro originale del sisma — fino ad impattare comunità situate centinaia o più chilometri via terra dal punto focale dello scuotimento iniziale — rendendo necessarie analisi dettagliate nei mesi successivi al disastro attuale per confermare queste teorie attraverso simulazioni computerizzate specifiche sulle dinamiche locali post-terremoto.
Attività sismica dopo l’evento principale
Dopo eventi catastrofici come quello verificatosi in Myanmar ci si aspetta spesso un incremento nell’attività sismica locale anche se generalmente essa rimane limitata agli episodi minori registrabili nei giorni o settimane successive al grande evento iniziale. Recentemente, però, analisi condotte sui cataloghi storici relativi alla Thailandia hanno rivelato incrementi significativi nell’attività tellurica bassa-magnitudine lungo confini settentrionali fra Myanmar ed area thailandese.
Questa regione, parte integrante dell’altopiano Shan, mostra segni chiari d’un aumento anomalo d’incidenti tellurici minori: fenomeno comune dopo fortissimi movimenti tettonici. Tuttavia ciò richiederà ulteriori approfondimenti scientifici poiché distribuzioni così ampie restano ancora misteriose agli occhi degli studiosi.