Supervulcani a rischio: sei colossi della natura che potrebbero causare danni catastrofici

Il monitoraggio dei supervulcani, come il Mount Spurr e i Campi Flegrei, è cruciale per prevenire catastrofi potenziali. L’articolo analizza sei vulcani a rischio e le loro possibili conseguenze devastanti.
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Negli ultimi anni, gli scienziati hanno intensificato il monitoraggio di alcuni supervulcani nel mondo, la cui attività potrebbe avere conseguenze devastanti. Tra questi, il vulcano Mount Spurr in Alaska ha attirato particolare attenzione per i suoi segnali premonitori. Tuttavia, non è l’unico: ci sono altri vulcani che potrebbero generare eventi distruttivi su larga scala. Questo articolo esplora sei supervulcani considerati a rischio e le potenziali conseguenze delle loro eruzioni.

I vulcani dei Campi Flegrei

I Campi Flegrei, situati nei pressi di Napoli, rappresentano uno dei sistemi vulcanici più complessi e pericolosi al mondo. Non si tratta di un singolo vulcano ma di un insieme di 24 crateri attivi che possono eruttare in modo catastrofico. La storia geologica indica che l’ultima grande eruzione risale a circa 36.000 anni fa e ha avuto effetti devastanti su vasta scala, ricoprendo gran parte del Mediterraneo con cenere e causando un inverno vulcanico nell’Europa orientale.

Un’eruzione moderna potrebbe avere conseguenze disastrose per Napoli e le aree circostanti. Le stime suggeriscono che una tale eruzione potrebbe generare terremoti significativi e frane nel sud Italia, oltre a provocare gravi problemi ambientali come inquinamento atmosferico e piogge acide. Gli esperti avvertono che la situazione richiede attenzione continua poiché i segnali precoci possono indicare una possibile attività imminente.

La sorveglianza costante è fondamentale per comprendere meglio il comportamento dei Campi Flegrei ed evitare scenari apocalittici simili a quelli del passato. Il monitoraggio include misurazioni sismiche dettagliate ed analisi chimiche delle emissioni gassose dal suolo.

Vesuvio

Il Vesuvio è uno dei vulcani più noti al mondo grazie alla sua storica eruzione del 79 d.C., che distrusse Pompei ed Ercolano. Oggi rappresenta una minaccia significativa non solo per la sua storia ma anche per la densità della popolazione circostante; oltre tre milioni di persone vivono nelle immediate vicinanze del cratere.

Le caratteristiche dell’eruzione futura sono oggetto di studio da parte degli scienziati: si prevede possa essere estremamente potente, con esplosioni caratterizzate da schegge rocciose e cenere proiettata fino a velocità impressionanti vicino ai 160 chilometri orari. Sebbene gli esperti ritengano improbabile una grande eruzione nei prossimi secoli, il rischio rimane presente data l’attività storica del vulcano.

Per mitigare i potenziali danni futuri è essenziale sviluppare piani d’emergenza efficaci e strategie informative rivolte alla popolazione locale riguardo ai comportamenti da adottare in caso di emergenza sismica o eruptiva.

Cumbre Vieja

Il Cumbre Vieja ha fatto notizia nel 2021 quando un’eruzione ha sommerso oltre 3000 abitazioni sotto fiumi di lava nella regione delle Canarie spagnole. Questa esperienza ha messo in evidenza quanto possa essere devastante l’attività volcanica nella zona turistica dell’arcipelago atlantico.

Gli scienziati avevano inizialmente avvertito della possibilità che un evento catastrofico potesse portare al crollo dell’intero fianco occidentale del vulcano creando mega-tsunami devastanti; tuttavia studi recenti hanno ridotto significativamente questa probabilità annuale rispetto alle stime precedenti pur mantenendo alta l’attenzione sulla preparazione agli eventi naturali imprevisti legati all’attività volcanica nella regione.

È importante continuare ad osservare attentamente questo sistema volcanico sia attraverso tecnologie moderne sia tramite collaborazioni internazionali tra istituti scientifici specializzati nell’analisi della geologia terrestre nelle zone vulnerabili come quelle canarie.

Monte Sant’Elena

L’eruzione del Monte Sant’Elena nel maggio 1980 rimane impressa nella memoria collettiva americana come uno degli eventi naturali più drammatici degli Stati Uniti moderni; causò infatti la morte di 57 persone ed enormi danni ambientali attraverso frane massive ed emissione imponente di cenere fino ad altitudini vertiginose sopra i ventiquattro chilometri dal livello del mare.

Da allora il sito offre agli scienziati opportunità senza precedenti nello studio della rinascita ecologica dopo una catastrofe naturale così estesa; infatti negli anni successivi all’eruzione si sono verificati cambiamenti significativi nell’ambiente circostante mentre flora e fauna riprendevano possesso dell’area distrutta.

La sorveglianza continua permette ora agli studiosi non solo di identificare eventuale attività sismica ma anche di valutare gli effetti sul lungo termine delle interazioni tra vegetazione nuova crescita post-eruzione rispetto alla stabilizzazione geologica necessaria affinché tali fenomeni non accadano nuovamente con simile intensità o frequenza temporale ravvicinata rispetto al passato recente.

Popocatepetl

Situato vicino alla capitale messicana Città del Messico, Popocatépetl è uno dei tre grandi vulcani attivi dell’emisfero settentrionale con elevata capacità distruttiva qualora dovesse verificarsi un’eruzione significativa. L’impatto sarebbe notevole considerando la densità demografica locale: circa ventidue milioni d’abitanti vivono nelle sue vicinanze dirette mentre altre città importanti come Puebla distano solamente quarantotto chilometri dall’attivo cratere.

Una grande eruzione potrebbe genererà nubi dense composte da cenere spessa fino a venticinque centimetri, compromettendo gravemente le strutture urbane locali, intasando condotte fognarie, contaminando fontanili idriche vitalmente necessari. Negli ultimi tempi, dopo decenni d’inattività apparente durata ottanta anni, Popocatépetl ha mostrato segni evidenti d’attività sismiche ricorrenti culminate recentemente con tredici episodi eruptivi registrati durante febbraio duemilaquattroventiquattro.

Monitoraggi regolari permettono ora alle autorità locali di prepararsi adeguatamente contro possibili emergenze legate all’attività volcanica mentre viene promossa consapevolezza pubblica sui rischi associabili ad eventuale crisi naturale imminente.

Supervulcano di Yellowstone

Il supervulcano situato nel parco nazionale Yellowstone negli Stati Uniti rappresenta senza dubbio uno dei fenomeni naturali più temuti dagli esperti globalmente. Un’eventuale nuova eruzione avrebbe impatti ben oltre i confini nazionali: blocchi massicci lavici accompagnatori da pomice insieme a gas tossici verrebbero rilasciati nell’atmosfera causando probabili calamità climatiche globalmente diffuse.

Le conseguenze sarebbero disastrose: gran parte della superficie terrestre verrebbe coperta da ceneri cadute rendendo difficile qualsiasi forma vita vegetativa; inoltre tale evento influirebbe negativamente sull’equilibrio climatico globale abbassando temperature medie annuali in modo notevole.

Nonostante ciò, gli specialisti concordano sull’improbabilità immediata d’una nuova manifestazione eruptiva presso Yellowstone; tuttavia continui studi scientifici devono rimanere attivi affinché venga garantito un monitoraggio efficace riguardo ai cambiamenti strutturali sottostanti presenti dentro questo complesso sistema geologico unico al mondo.