Stefano Conti, trader di 40 anni originario della Brianza, è finalmente libero. Dopo un lungo percorso giudiziario che lo ha visto accusato di tratta di esseri umani a scopo sessuale per oltre due anni, le accuse a suo carico sono state completamente ritirate durante un processo a Panama City. Questo risultato sconvolgente segna la conclusione di un’odissea che ha imprigionato l’uomo in una delle carceri più disumane del pianeta, in attesa di un processo che sembrava non avere fine.
La testimonianza del parlamentare Andrea Di Giuseppe
Andrea Di Giuseppe, deputato per Fratelli d’Italia eletto nella Circoscrizione Centro e Nord America, ha seguito da vicino la vicenda di Stefano. Raggiunto telefonicamente, ha espresso la sua gioia per il proscioglimento del connazionale. “Poco fa ho parlato con il padre di Stefano,” racconta Di Giuseppe, “è stato un momento di grande commozione per lui. Dopo aver trascorso oltre 400 giorni in un carcere inaccettabile, finalmente ha la possibilità di tornare a vivere.” Il parlamentare ha lavorato a stretto contatto con la Farnesina e l’ambasciata, mobilitando le risorse necessarie per attenuare le condizioni di detenzione di Conti durante il suo calvario.
A imputare la sua detenzione, ci sono state accuse basate su dichiarazioni di vittime che, stando a quanto riferito, avrebbero ritrattato le loro denunce dopo aver subito pressioni da parte della polizia panamense. Di Giuseppe ha evidenziato che Stefano non avrebbe dovuto subire una carcerazione preventiva così lunga, senza una condanna di merito. Le misure adottate hanno portato a una riduzione della misura cautelare, consentendo a Conti di trascorrere gli ultimi mesi in un regime di quarantena.
L’identità e l’esperienza di Stefano Conti
Stefano Conti non è solo un trader, ma è anche l’autore di un libro intitolato ‘Ora parlo io: 423 giorni nell’inferno di Panama’, pubblicato a dicembre scorso in attesa dell’inizio del suo processo. Nel volume, Conti racconta dettagliatamente l’inferno vissuto all’interno del carcere panamense, difendendo la propria innocenza e inorridendo di fronte all’asprezza di una vita dietro le sbarre. Davanti a una possibile condanna di 30 anni, la sua vicenda fa emergere una questione rilevante: ogni anno, tanti italiani si trovano in situazioni analoghe all’estero, sopportando pesanti accuse senza il supporto necessario.
La lunghezza della detenzione di Conti, unita alla mancanza di prove definitive, mette in luce le difficoltà di molti cittadini italiani coinvolti in sistemi legali esteri complessi. La sua storia rievoca la necessità di una maggiore attenzione e assistenza legale per i nostri connazionali che si trovano ad affrontare difficoltà legali lontano da casa, in una lotta spesso dimenticata.
Futuro di Conti e impegno di Andrea Di Giuseppe
Conti dovrà rimanere a Panama fino al 4 aprile per motivi burocratici, ma il suo ritorno in Italia è previsto non appena tutti i documenti saranno in ordine. Di Giuseppe non si ferma qui: l’impegno del parlamentare si estende a casi analoghi nel mondo. “Dopo aver supportato la liberazione di italiani in Venezuela e l’ormai noto caso di Chico Forti,” sottolinea Di Giuseppe, “mi concentrerò sull’ingegner Maurizio Cocco, detenuto in Costa d’Avorio. Queste situazioni non devono essere trascurate.”
Secondo il parlamentare, attualmente ci sono circa duemila italiani rinchiusi all’estero, molti dei quali in attesa di un processo, in un palcoscenico che appare dimenticato. Di Giuseppe afferma che finalmente il nostro governo, sotto la guida attiva del sottosegretario agli esteri e della premier Meloni, sta iniziando ad affrontare queste situazioni con maggiore serietà. La libertà e l’assistenza necessaria a queste persone non devono essere solo una fase di emergenza, bensì un diritto riconosciuto.
Stefano Conti ha riacquistato la libertà, mentre un lungo capitolo di sfide e difficoltà sembra finalmente concluso. Tuttavia, l’impegno per la giustizia e la dignità di chi si trova in situazioni analoghe continua a essere fondamentale.