AAA Social Media Manager cercasi

Negli ultimi periodi la figura professionale del social media manager è ormai un pò declassata, finendo in una categoria non ancora ben specificata di gestori di pagine social.
A chi di voi non è mai capitato di trovare sulla Home di Facebook immagini a dir poco oscene di fotomontaggi allegorici, fatte di cartoon, scritte evidentemente copiate con Word e frasi retoriche? A tutti, ormai. E’ diventata una vera e propria rarità trovare una fan page ben gestita, in base ad un calendario editoriale, che ponga contenuti veramente in linea con la natura del prodotto o servizio da sponsorizzare. Adesso basta semplicemente un gattino soffice che in una nuvoletta ti dà il buongiorno ed è subito pioggia di like, alla faccia dei report, dello studio della community o semplicemente dello storytelling.
Foto, video, gif non importa né il contenuto né il contenitore, l’importante è essere online con una cadenza ritmica: buongiorno, buon pranzo, buon pomeriggio, buona cena e buona notte; auguri a tutte le feste comandate (ma proprio tutte); uso delle notizie più becere solo per fare up di like.
Su Repubblica.it vengono evidenziate molto bene due caratteristiche di questi post: la prima è la facilità di condivisione per la natura positiva e simpatica delle immagine; la seconda è la call to action, ossia il dai metti mi piace così il buongiorno sarà bello anche per te.
La vera domanda da porsi di fronte a tutto ciò è: siamo ancora coscienti delle nostre credenze, di ciò che sappiamo e che vogliamo? Perché se basta una immagine a spingerci a fare un’azione, cosa succede se nella vita reale ci chiedessero di fare altro? E quanto è labile poi il confine tra le nostre azioni sui social e la vita reale?
Francesca Lizi