Negli ultimi anni, il panorama del lancio spaziale statunitense ha subito notevoli trasformazioni, culminando nel recente lancio dell’Atlas V da Cape Canaveral. Questa missione storica, che ha avuto luogo martedì scorso, rappresenta la conclusione dell’uso da parte del Pentagono di motori a razzo di origine russa, segnando un passo significativo verso l’autosufficienza nelle operazioni spaziali per la sicurezza nazionale. Adesso, gli Stati Uniti sono pronti a passare a lanci completamente americani, promuovendo la sicurezza e l’indipendenza strategica.
Il lancio dell’Atlas V: un successo missione fondamentale
Dettagli del lancio
L’Atlas V ha decollato alle 6:45 AM EDT martedì, con un motore RD-180 di fabbricazione russa e cinque razzi a combustibile solido come supporto, nella sua configurazione più potente. Questo evento ha rappresentato il 101° lancio dell’Atlas V dal suo debutto nel 2002 e, soprattutto, il 58° e ultimo lancio dedicato a missioni di sicurezza nazionale dal 2007. La missione, nota come USSF-51, ha dimostrato l’efficacia e l’affidabilità del razzo, nonostante i recenti cambiamenti avvenuti nel settore della difesa spaziale.
Risultati e dichiarazioni
L’US Space Force’s Space Systems Command ha confermato il successo della missione martedì pomeriggio. Il razzo ha rilasciato il carico utile top secret circa sette ore dopo il lancio, presumibilmente in un’orbita geostazionaria ad alta quota sopra l’equatore, sebbene il Pentagono non abbia divulgato specifiche dettagliate riguardo alla traiettoria. “Un fantastico lancio e una conclusione in perfetto stile per la nostra ultima missione di sicurezza nazionale con l’Atlas V,” ha dichiarato Walt Lauderdale, direttore della missione USSF-51. Le parole di Lauderdale riflettono i risultati ottenuti dai team coinvolti nel progetto, il cui sforzo ha contribuito a stabilire l’industria dei lanci spaziali più fiorente al mondo.
La lunga agonia del motore RD-180
Le origini della collaborazione russa
Il lancio ha segnato la fine di un’era che affonda le sue radici negli anni ’90, quando il governo degli Stati Uniti, attraverso politiche specifiche, permise a Lockheed Martin di impiegare motori russi nei razzi Atlas. All’epoca, vi era un diffuso desiderio di stabilire partnership con la Russia, nel tentativo di mantenere occupati gli esperti aerospaziali russi ed evitare che paesi considerati “fuori legge”, come Iran e Corea del Nord, ne approfittassero.
Sviluppo e contratti
Con la necessità di modernizzare le forze armate, nel 1998, l’Air Force optò per lo sviluppo dell’Atlas V e del Delta IV di Boeing. Grazie al motore russo, l’Atlas V risultava leggermente più economico rispetto al Delta IV, rendendolo la scelta più popolare. Dalla sua creazione, sono già programmati 15 ulteriori lanci dell’Atlas V, che porteranno a termine missioni con clienti commerciali e con NASA, incluso il progetto Kuiper di Amazon e il veicolo spaziale Starliner di Boeing.
La fusione tra Boeing e Lockheed Martin e le contestazioni legali di SpaceX
La creazione dell’ULA
Nel 2006, Boeing e Lockheed Martin hanno unito le forze, formando la United Launch Alliance , diventando così l’unico contraente certificato per il lancio di satelliti militari di grandi dimensioni fino all’emergere di SpaceX nel 2018. Questa fusione ha segnato l’inizio di un’epoca in cui ULA dominava il mercato dei lanci militari, fino a quando i nuovi competitor non hanno iniziato a emergere.
Il contenzioso legale con SpaceX
Nel 2014, SpaceX ha presentato una causa per contestare l’assegnazione di un contratto da miliardi di dollari a ULA per i razzi Atlas V e Delta IV. La causa è stata quella di una serie di eventi legati all’occupazione militare russa della Crimea, che hanno comportato sanzioni del governo statunitense. Le tensioni iniziarono a sollevarsi ulteriormente quando Dmitry Rogozin, l’allora vice primo ministro russo, minacciò di fermare le esportazioni di motori RD-180 per le missioni militari americane, una minaccia che divenne realtà solo nel 2022.
Questo blocco ha avuto un impatto massiccio sull’industria spaziale statunitense, costringendo aziende come Northrop Grumman a sviluppare nuovi propulsori con motori americani. La transizione del settore spaziale statunitense verso motori interamente nazionali non solo migliora l’autosufficienza, ma rappresenta anche un passo verso la sostenibilità e l’innovazione nel campo delle tecnologie spaziali.