Roma nel lockdown: un viaggio tra silenzi e ricordi di una città deserta

Un giornalista racconta l’esperienza di Roma durante il lockdown di aprile 2020, evidenziando la desolazione delle strade e l’assenza dei romani, seguita da una rinascita cinque anni dopo.
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Nel mese di aprile 2020, Roma si trovava in una situazione senza precedenti a causa della pandemia di Covid-19. Le strade erano deserte, i monumenti silenziosi e la vita quotidiana dei romani era stata stravolta. Questo articolo racconta l’esperienza vissuta da un giornalista che ha attraversato la capitale in quel periodo critico, offrendo uno spaccato della città in un momento di grande difficoltà.

La desolazione delle strade romane

All’inizio di aprile 2020, il Frecciarossa viaggiava vuoto verso Roma. Arrivato alla stazione Termini, il panorama era surreale: pochi viaggiatori e solo agenti delle forze dell’ordine intenti a controllare i documenti. Il tesserino da giornalista e una lettera del direttore garantivano la presenza del cronista in servizio per raccontare le vicende della capitale durante il lockdown. Salito su un taxi, l’autista non mostrava alcuna voglia di conversare; entrambi sembravano consapevoli della gravità del momento.

Le strade che solitamente brulicavano di vita apparivano incredibilmente vuote. I glicini cominciavano a fiorire sui muri dei giardini mentre le famose piazze romane come Trevi erano abbandonate dai turisti. La bellezza architettonica della città risaltava ancor più nel silenzio opprimente che regnava ovunque; tuttavia, questa bellezza appariva inquietante senza la presenza umana.

L’assenza dei romani

Camminando per le vie storiche, il cronista percepiva l’assenza dei cittadini romani come se avesse assistito a un catastrofico day after. Immaginava i bambini rinchiusi nelle loro case con poca possibilità di sfogarsi all’aperto e gli anziani soli ad affrontare quella nuova realtà con incredulità e tristezza.

Nei vicoli stretti dietro Piazza Navona si sentiva solo il rumore dei propri passi sul selciato; ogni saracinesca chiusa rappresentava una piccola attività colpita dalla crisi economica generata dal virus. Un giovane carabiniere al Pantheon indicò con discrezione un distributore automatico di caffè: quel gesto semplice divenne simbolo dell’umanità ancora presente nonostante tutto.

A Piazza Venezia, lo spazio aperto sembrava amplificato dalla mancanza totale di persone; lo sguardo andò verso la finestra storica da cui Mussolini aveva proclamato l’entrata dell’Italia nella Seconda Guerra Mondiale nel 1940. Quella piazza affollata nei libri scolastici ora era ridotta al silenzio rotto solo dal richiamo lontano dei gabbiani.

Un ritorno alla vita cinque anni dopo

Cinque anni dopo quell’aprile drammatico, Roma mostrò finalmente segni evidenti di ripresa e vitalità durante una visita recente del cronista tra i colori vivaci del mercato rionale Campo de’ Fiori. Tra bus affollati dai pellegrini e tassisti intenti a discutere animatamente tra loro si respirava aria nuova: quella stessa città che aveva vissuto momenti bui ora pulsava nuovamente grazie ai turisti tornati ad affollare le sue strade.

Il contrasto tra il caos contemporaneo ed i ricordi malinconici del lockdown rendeva evidente quanto fosse preziosa la vita urbana per tutti coloro che amano Roma nella sua essenza più autentica: calda sotto il sole mediterraneo ma anche caotica nella sua quotidianità globale.

Quella mattina d’aprile 2020 rimarrà impressa nella memoria collettiva come simbolo dello spirito resiliente romano: anche se addormentata durante il lockdown, oggi è tornata viva più che mai.