Un operaio di 46 anni, residente a Sant’Agata di Militello, è stato condannato per rapina e violazione della misura cautelare del divieto di avvicinamento alla moglie. L’uomo, già sottoposto a questa misura per un’altra causa, avrebbe aggredito la consorte nella sua abitazione, sottraendole con forza il telefono cellulare che le aveva regalato. La vicenda ha attirato l’attenzione della Procura di Patti che ha portato il caso in tribunale.
I fatti contestati dalla Procura
Secondo quanto ricostruito dagli inquirenti, l’operaio non si sarebbe fatto scrupoli ad infrangere il divieto imposto nei confronti della moglie. La denuncia è scattata dopo un episodio avvenuto all’interno dell’abitazione della donna. Qui l’imputato avrebbe afferrato i polsi della moglie con forza e le avrebbe strappato dalle mani il cellulare. Questo gesto violento ha portato all’accusa formale da parte della Procura.
Il sostituto procuratore Antonietta Ardizzone ha illustrato la gravità dei fatti durante la requisitoria al processo. Ha evidenziato come l’aggressione sia avvenuta in una dimora privata, aggravando ulteriormente la posizione dell’imputato rispetto alle accuse mosse contro di lui.
La richiesta del pubblico ministero
Al termine delle sue argomentazioni, la pubblica accusa ha chiesto una pena severa per l’operaio: sei anni e due mesi di reclusione. Questa richiesta rifletteva non solo la gravità del reato commesso ma anche il contesto familiare delicatissimo nel quale si sono svolti i fatti.
La Procura ha sottolineato come tali comportamenti non possano essere tollerati nella società odierna e hanno richiesto una risposta esemplare da parte del sistema giudiziario per garantire protezione alle vittime degli abusi domestici.
La sentenza del Tribunale
Il Tribunale di Patti si è riunito in composizione collegiale sotto la presidenza della giudice Monica Marino, coadiuvata dai giudici Eleonora Vona e Giovanna Ceccon. Nonostante abbiano riconosciuto le responsabilità dell’imputato riguardo ai fatti contestati dalla procura, hanno deciso comunque di concedere alcune attenuanti generiche legate alla personalità dell’imputato ed alla natura dei reati commessi.
Di conseguenza, invece dei sei anni richiesti dal pubblico ministero, il tribunale ha inflitto una pena ridotta a due anni e otto mesi di reclusione. Tuttavia c’è stata anche un’importante novità: su richiesta del legale difensore Giuseppe Mancuso è stata concessa una misura alternativa alla detenzione carceraria.
Misure alternative alla detenzione
Invece della tradizionale pena detentiva in carcere, l’operaio dovrà scontare la sua condanna attraverso lavori socialmente utili presso strutture da definire successivamente. Questa decisione rientra nelle disposizioni previste dalla “Riforma Cartabia”, che mira a favorire forme alternative al carcere con finalità rieducative piuttosto che punitive.
La scelta dei lavori socialmente utili rappresenta un tentativo da parte delle autorità giuridiche italiane non solo d’incoraggiare il reinserimento sociale degli imputati ma anche d’alleviare le pressioni sul sistema penitenziario nazionale sempre più sovraffollato negli ultimi anni.