Omicidio Chiara Poggi: nessuna nuova prova per riaprire il caso di Alberto Stasi

L’omicidio di Chiara Poggi continua a suscitare interesse, ma la condanna di Alberto Stasi rimane confermata, con nuove indagini che non portano a prove decisive per una revisione del caso.
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L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007, continua a suscitare interesse e discussioni, ma le recenti notizie non portano a cambiamenti sostanziali nel processo che ha condannato l’allora fidanzato Alberto Stasi. Il percorso legale per una revisione del caso sembra bloccato, dato che mancano prove nuove e decisive. Stasi, attualmente detenuto nel carcere di Bollate, continua a attendere il termine della sua pena di sedici anni, mentre nuove indagini si concentrano su altri soggetti già archiviati in passato.

L’omicidio di Chiara Poggi e la condanna di Alberto Stasi

Il delitto di Chiara Poggi ha scosso l’opinione pubblica italiana, creando un caso mediatico che ha avuto ripercussioni durature. La giovane donna, di soli ventisei anni, è stata uccisa nella propria abitazione, e in seguito all’inchiesta la responsabilità è ricaduta su Alberto Stasi, che è stato condannato in via definitiva per omicidio, attraverso il rito abbreviato. La sentenza ha portato Stasi a scontare 16 anni di carcere. Malgrado questo, la difesa ha registrato tentativi di revisione del processo, sempre respinti per l’assenza di nuove evidenze.

In particolare, il codice di procedura penale in Italia stabilisce che per richiedere una riapertura di un caso chiuso, occorre dimostrare l’esistenza di nuove prove che possano scagionare il condannato. Dopo tanto tempo, la questione della revisione rimane aperta, ma senza elementi probatori a sostegno delle richieste da parte di Stasi o dei suoi avvocati. La situazione sembra stagnante, con le nuove indagini che riguardano altri sospettati mancando di sostanza probatoria sufficienti.

Nuove indagini su Andrea Sempio: una ripetizione del passato

Le recenti indagini che hanno coinvolto Andrea Sempio, un amico del fratello di Chiara Poggi, non riportano elementi nuovi tali da influenzare la condanna di Stasi. Sempio era già stato indagato in passato, senza riscontri tali da mettere in discussione l’asserita responsabilità di Stasi. La nuova inchiesta, avviata dalla Procura di Pavia, punta a riesaminare l’alibi di Sempio, ma quanto emerso finora non sembra cambiare il quadro giuridico del caso.

Nel 2017, la Corte d’Appello di Brescia aveva già respinto una richiesta di revisione presentata dalla difesa di Stasi, nel quale non veniva fornita una domanda formale sulla revisione ma si richiedeva un’ulteriore indagine. I dati raccolti dalla difesa, compreso il DNA di Sempio, non hanno trovato riscontro. La Procura di Pavia, valutando la situazione, ha archiviato il caso, accettando la validità dell’alibi di Sempio e constatando l’assenza di prove che potessero dimostrare un suo diretto coinvolgimento.

Le speranze della difesa e la posizione della Corte europea dei diritti dell’uomo

I legali di Stasi hanno cercato di riaccendere la discussione sull’omicidio attraverso due consulenze, una riguardante il DNA e l’altra sul numero della scarpa dell’assassino. La perizia ha rivelato che il numero di scarpe trovato sulla scena del crimine era un 42, corrispondente a quello di Stasi, mentre Sempio indossa un 44. Tuttavia, anche questi nuovi elementi non sono stati considerati sufficienti per giungere a un’istanza di riapertura del processo.

In un recente pronunciamento, la Corte europea dei Diritti dell’Uomo ha valutato il processo come equo, consolidando ulteriormente la posizione di Stasi come colpevole. L’appello della difesa sembra quindi destinato a trovare poche aperture, con un sistema giuridico che rimane saldo sulla decisione presa. L’interesse verso il caso di Chiara Poggi rimane vivo, ma gli sviluppi futuri potrebbero risultare limitati dalla mancanza di nuove evidenze.

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