La legge di bilancio recentemente approvata dal Consiglio dei ministri segna un punto cruciale per il futuro delle pensioni in Italia.
Sebbene gli interventi non siano rivoluzionari, delineano un quadro di continuità e potenziamento delle misure esistenti. Per il 2025, sono stati stanziati circa 30 miliardi di euro, con una parte significativa destinata al sistema pensionistico. Tra le principali novità, il governo conferma la volontà di mantenere le opzioni già in vigore, come Opzione Donna, Quota 103 e Ape Sociale, cercando al contempo di incentivare i lavoratori che potrebbero andare in pensione a rimanere nel mercato del lavoro.
Quota 103 e Ape Sociale: strumenti di continuità
Quota 103 permette di andare in pensione con almeno 62 anni di età e 41 anni di contributi e rimane invariata. Tuttavia, la sua applicazione non ha riscosso il successo sperato, forse a causa della rigidità dei requisiti richiesti. L’Ape Sociale, un’altra opzione per il prepensionamento destinata a lavoratori in condizioni di difficoltà, è stata rifinanziata per il 2025 con un incremento progressivo delle risorse fino al 2028. Questo strumento, che offre un’indennità fino al raggiungimento dell’età pensionabile, rappresenta un’ancora di salvezza per chi si trova in situazioni lavorative particolarmente gravose.
Opzione Donna, un meccanismo che consente alle lavoratrici di andare in pensione anticipata accettando un ricalcolo contributivo meno vantaggioso, continua anch’essa senza modifiche sostanziali. Tuttavia, il governo intende sostenere ulteriormente questa misura, considerando l’importanza di garantire flessibilità alle donne, spesso costrette a conciliare vita lavorativa e familiare.
Un punto chiave della manovra riguarda l’incentivazione del proseguimento dell’attività lavorativa per coloro che hanno raggiunto i requisiti pensionistici. Il sistema introdotto è simile al bonus Maroni, offrendo ai lavoratori pubblici e privati un riaccredito del 9,19% della contribuzione se decidono di continuare a lavorare. Questa misura potrebbe essere estesa anche a chi ha maturato 42 anni e 10 mesi di contributi, indipendentemente dall’età, permettendo così un prolungamento della vita lavorativa con un incremento salariale. Per i dipendenti pubblici, si sta valutando la possibilità di proseguire l’attività lavorativa fino ai 70 anni, offrendo uno strumento di flessibilità in più.
Silenzio-assenso e previdenza complementare
In aggiunta, è in discussione un nuovo round di “silenzio-assenso” per il conferimento del Tfr ai fondi previdenziali per chi non ha espresso una scelta esplicita, un modo per rafforzare l’adesione ai fondi di previdenza complementare, offrendo una maggiore sicurezza economica nella fase post-lavorativa.
Nonostante queste misure, non sembra esserci spazio, almeno per ora, per un incremento delle pensioni minime. L’assegno attuale, integrato al trattamento minimo, si attesta a 598 euro, con un incremento una tantum previsto per il 2024 che porta la cifra a 621 euro. Tuttavia, il meccanismo di indicizzazione delle pensioni all’inflazione sarà migliorato, tornando al sistema a tre fasce introdotto dalla legge 388 del 2000, per garantire una maggiore equità nei confronti dei pensionati.