Nel 2025, l’Italia si trova a fronteggiare un aumento preoccupante dei casi di tumore ovarico, con circa 5.400 nuove diagnosi registrate nel 2024. Questo dato inquietante indica che quasi la metà dei casi presenta deficit genetici significativi, in particolare alterazioni nei geni coinvolti nella riparazione del DNA. Durante il 26esimo congresso della Società Europea di Oncologia Ginecologica (Esgo), tenutosi a Roma, la dottoressa Anna Fagotti, presidente di Esgo e docente di Ostetricia e Ginecologia all’Università Cattolica del Sacro Cuore, ha evidenziato l’importanza di un test specifico, il test Hrd, per identificare queste mutazioni.
Importanza del test Hrd
Il test Hrd si configura come uno strumento diagnostico cruciale, capace di individuare le mutazioni Brca1 e Brca2. Fagotti ha affermato che l’implementazione di questo test dovrebbe diventare una prassi standard per tutte le pazienti al momento della diagnosi, rappresentando il primo passo verso un approccio di medicina di precisione. Tuttavia, l’attuale situazione in Italia è caratterizzata da una distribuzione disomogenea dell’accesso a questo test, creando disparità significative tra le varie regioni. La richiesta dell’Ovarian Cancer Commitment (Occ), presentata al congresso, è volta a garantire che il test Hrd sia rimborsato e accessibile in modo equo a tutte le pazienti.
Iniziative per il supporto delle pazienti
Durante il congresso, è stata lanciata la versione italiana del sito Olivia, una risorsa digitale sviluppata in collaborazione con Sigo (Società Italiana di Ginecologia e Ostetricia) e Occ. Questa piattaforma fornisce supporto e informazioni preziose alle pazienti e ai loro familiari, accompagnandoli nel percorso di cura. Olivia offre un percorso interattivo che abbraccia tutte le fasi della malattia, dalla diagnosi ai trattamenti, fino al follow-up. La dottoressa Fagotti ha sottolineato come questo strumento possa migliorare la qualità della vita delle donne affette da carcinoma ovarico, offrendo informazioni validate da esperti e pazienti.
Statistiche e sfide nel trattamento
Il tumore ovarico è considerato una delle neoplasie ginecologiche più gravi, con una sopravvivenza a cinque anni che si attesta attorno al 43%. Fagotti ha spiegato che circa l’80% delle donne scopre la malattia in fase avanzata, complicando ulteriormente le possibilità di trattamento. A differenza di altre forme di cancro, come quelli al colon-retto e alla mammella, il tumore ovarico è privo di efficaci strumenti di screening. Inoltre, il 70% delle pazienti con carcinoma ovarico in stadio avanzato sperimenta una recidiva entro due anni dalla diagnosi. L’adozione di terapie mirate, come gli inibitori di Parp, rappresenta un progresso significativo, consentendo di ottenere remissioni a lungo termine e migliorando le prospettive di vita delle pazienti.
Barriere all’accesso e proposte di miglioramento
Fagotti ha messo in luce le barriere all’accesso al test Hrd, che richiede tecnologie avanzate e laboratori specializzati. Attualmente, solo pochi centri in Italia sono in grado di eseguire queste analisi, limitando l’accesso a terapie innovative. L’Occ ha quindi proposto di definire i requisiti necessari per i laboratori e di creare reti regionali per facilitare l’accesso a queste analisi genetiche.
La presidente di Acto Italia, Nicoletta Cerana, ha sottolineato l’importanza di un approccio che vada oltre il singolo gene, suggerendo l’uso di pannelli multigenici per una valutazione più completa delle mutazioni. Tuttavia, in Italia, solo 3 centri superano i 100 interventi annui per il tumore ovarico, mentre la maggior parte non raggiunge nemmeno i 20. Questo scenario evidenzia la necessità di migliorare l’accesso alle cure e la formazione dei centri di riferimento.
Richieste alle istituzioni e prospettive future
Le istituzioni sono chiamate a sviluppare un Pdta nazionale (Percorso Diagnostico Terapeutico Assistenziale) per garantire che le pazienti ricevano cure adeguate e tempestive. Manuela Bignami, direttore di Loto OdV, ha evidenziato l’importanza di avere team multidisciplinari e chirurghi specializzati nei centri di riferimento. La piattaforma Olivia, con il suo approccio interattivo, si propone di fornire informazioni essenziali e supporto alle pazienti, contribuendo a migliorare la loro esperienza durante il trattamento.