Twitter per comunicare ma non per insultare. Il Caso Tom Daley

Un insulto su Twitter rivolto a un tuffatore olimpico costa il carcere a un giovane fan
I Giochi Olimpici di Londra 2012 sono stati più volte ribattezzati come “Olimpiadi Social” e numerosi sono i casi mediatici che hanno coinvolto differenti atleti e il loro rapporto con i social network. Appena prima dell’apertura della competizione sportiva l’atleta greca Papachristou era stata deferita ed espulsa per un tweet xenofobo e negli ultimissimi giorni un diluvio di messaggi di critiche feroci, per via di scadenti risultati e infelici interviste, ha spinto il capitano della Nazionale Italiana di Nuovo, Filippo Magnini a chiudere il suo profilo sul microblogger di Jack Dorsey.
La peculiarità di Twitter è data probabilmente proprio dalla cospicua presenza di profili di personaggi noti particolarmente attivi e in grado di favorire un’interazione con i fan follower. Quando si tratta di condivisione di momenti della vita quotidiana piuttosto che di elogi o incoraggiamenti, la “socializzazione” dei vip non trova particolari risvolti negativi. Tuttavia è ovvio che, al contempo, si possa essere amati da tanti e odiati da altrettanti e tale duplicità non può non lasciare alcun segno nel mondo dei social.
Un triste esempio di ciò ha recentemente avuto come protagonista il giovanissimo tuffatore inglese Tom Daley (classe 1994), attaccato in seguito al deludente (rispetto alle aspettative) quarto posto ottenuto con Peter Waterfield nella piattaforma da 10 metri. A quanto pare un ragazzo di 17 anni ha pubblicato un tweet sul profilo di Daley accusandolo di aver deluso il padre, recentemente morto di cancro.
L’offesa non è passata di certo inosservata e ha portato all’arresto del fautore dello spiacevole tweet da parte delle autorità, dal momento che, secondo la legge inglese, il vilipendio sui social costituisce reato penale.
Poter criticare, elogiare, interrogare, incentivare o in generale interagire con persone prima irraggiungibili rappresenta sicuramente un successo in termini di comunicazione sociale e ciò può avere dei risvolti utilissimi.
Tuttavia la mera offesa fine a sé stessa, specie se effettuata vigliaccamente perché protetti da uno schermo remoto, va combattuta in qualunque caso, sia che si tratti di personaggi famosi sia che si tratti di gente comune. Solo evitando queste degenerazioni la rivoluzione dei social network potrà realmente lasciare un segno positivo nella storia dell’umanità.