Meta non paga l’Iva in Italia: contestazioni per oltre 877 milioni di euro

Meta rifiuta di regolarizzare la propria posizione fiscale in Italia, contestata per un’evasione di oltre 877 milioni di euro, e si prepara a un contenzioso legale con le autorità fiscali.
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Meta, il colosso fondato da Mark Zuckerberg, ha deciso di non avvalersi dell’accertamento con adesione presso l’Agenzia delle Entrate italiana. L’azienda è stata accusata di omessa dichiarazione e mancato pagamento dell’Iva per un importo che supera i 877 milioni di euro, relativo al periodo compreso tra il 2015 e il 2021. Scaduto il termine fissato a marzo, Meta ha scelto di non regolarizzare la propria posizione fiscale in Italia e si prevede che presenterà ricorso nelle sedi tributarie competenti.

La decisione di non saldare i conti con il Fisco

La scelta di Meta di non procedere con l’accertamento con adesione è significativa. Questo strumento consente alle aziende di risolvere le contestazioni fiscali attraverso un accordo diretto con l’Agenzia delle Entrate, evitando così lunghe battaglie legali. Tuttavia, Meta ha optato per una strategia differente, rifiutando qualsiasi tentativo di risarcimento o accordo. Questa posizione potrebbe portare a un lungo contenzioso legale tra la multinazionale statunitense e le autorità fiscali italiane.

Le contestazioni riguardano principalmente la presunta evasione fiscale legata all’attività della filiale irlandese del gruppo, Meta Platforms Ireland Limited . Le indagini condotte dai pubblici ministeri milanesi Giovanni Polizzi, Giovanna Cavalleri e Cristian Barilli hanno messo in luce irregolarità significative nella gestione fiscale della società nel nostro paese.

Rinvio a giudizio per i dirigenti coinvolti

Parallelamente alla questione tributaria si profila anche una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dei due “director” della filiale irlandese. Questi dirigenti sono accusati dalla procura milanese nell’ambito delle indagini sulla maxi evasione fiscale attribuita a Meta. Già nel dicembre scorso erano state chiuse le indagini preliminari senza che ci fosse stata una modifica nella posizione difensiva dell’azienda.

Meta aveva già espresso forte disaccordo rispetto alle accuse mosse nei suoi confronti e questa linea sembra essere rimasta invariata anche dopo mesi dall’apertura del caso. Nonostante le gravi accuse ricevute dal Fisco italiano, l’azienda non ha mostrato segni evidenti d’intenzione per raggiungere un accordo o negoziare una soluzione extragiudiziale.

I pubblici ministeri stanno ora lavorando su una rimodulazione del capo d’imputazione prima della presentazione formale della richiesta al tribunale competente. Questo processo potrebbe rappresentare un precedente importante in Italia riguardo alla tassazione dei dati degli utenti sui social media come Facebook e Instagram.

Implicazioni future sul tema della tassazione digitale

Il caso Meta potrebbe avere ripercussioni significative sul panorama normativo italiano ed europeo riguardante la tassazione delle multinazionali operanti nel settore digitale. Con sempre più aziende tecnologiche sotto scrutinio da parte dei governi nazionali per questioni fiscali simili, questo processo potrebbe diventare emblematico nella lotta contro l’evasione fiscale internazionale.

L’attenzione mediatica su questo caso è destinata ad aumentare man mano che si avvicina la data del rinvio a giudizio previsto dai pubblici ministeri milanesi; ciò porterà inevitabilmente alla luce ulteriori dettagli sulle pratiche fiscali adottate dalle grandi piattaforme digitali operanti in Europa.