Nel cuore di Merano, un giovane di 23 anni rimane recluso nel carcere di Trento, accusato di aver compiuto attività di propaganda e istigazione a delinquere basate su discriminazioni razziali ed etniche, insieme a pratiche di addestramento a fini terroristici, anche su scala internazionale. Durante il suo interrogatorio di garanzia, il giovane ha scelto di avvalersi della facoltà di non rispondere, e la sua audizione si è svolta tramite collegamento telematico, sotto la supervisione del giudice per le indagini preliminari Enrico Borrelli. È assistito da un avvocato d’ufficio, il quale valuterà gli atti per preparare la difesa.
L’operazione che ha portato all’arresto
L’arresto del giovane risale al 13 marzo scorso, in un’operazione congiunta effettuata dai Carabinieri del Comando di Bolzano e dal ROS , sotto il coordinamento della Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura di Trento. Questa operazione è stata frutto di un’attività investigativa mirata, che ha coinvolto anche i servizi segreti italiani, segnalando l’importanza e la serietà delle accuse mosse contro il ragazzo.
Secondo le indagini, il giovane utilizzava un profilo social attivo per diffondere contenuti di matrice nazionalsocialista, insieme a materiale di supporto allo Stato Islamico. Gli inquirenti ritengono che il ragazzo stesse intraprendendo un “percorso di apprendimento” volto al confezionamento di ordigni esplosivi, attivati tramite detonatori wireless. Questa scoperta ha acceso i riflettori sulle potenziali minacce che il giovane rappresentava per la sicurezza pubblica e per la comunità locale.
Elementi probatori e perquisizione
Durante una perquisizione presso la sua abitazione, gli investigatori hanno rinvenuto un notevole quantitativo di materiale potenzialmente esplosivo e strumenti per realizzare dispositivi di sorveglianza. In particolare, il giovane era in possesso di 200 unità di polvere pirica, oltre a componenti elettroniche progettate per rilevare microspie e fabbricare telecomandi a distanza. Sono stati trovati anche attrezzi per la microsaldatura e una maschera antigas, oltre a un’ampia quantità di materiale informatico e documentale.
La scoperta di tali elementi ha messo in luce una situazione preoccupante, suggerendo un livello di preparazione tecnica e un potenziale coinvolgimento in attività di natura terroristica. La ricerca di ulteriori informazioni e prove potrebbe rivelarsi cruciale per il prosieguo delle indagini e per comprendere le reali intenzioni del giovane.
Un passato da riabilitare
Prima dell’emergenza sanitaria dovuta alla pandemia, il giovane era stato inserito in un programma educativo e riabilitativo, come risultato di indagini coordinate fra la Procura per i minorenni di Bolzano e la Procura distrettuale di Trento. Questo dato mette in evidenza un percorso di vita complesso e problematico, dove, nonostante gli sforzi di reinserimento, il giovane è caduto in dinamiche pericolose.
Le autorità competenti faranno luce su come sia potuto accadere che una persona, che sembrava avviata verso un percorso di recupero, si sia invece persa in attività così gravi e dannose. Il caso rappresenta una sfida non solo dal punto di vista giudiziario, ma anche sociale, richiamando l’attenzione sulle difficoltà nell’affrontare fenomeni di radicalizzazione tra i giovani.
La situazione continua a svilupparsi e gli sviluppi futuri dell’inchiesta attireranno l’attenzione sia delle forze dell’ordine sia della comunità, preoccupata da queste dinamiche di violenza e fede estremista.