L’Onu critica il decreto sicurezza del governo Meloni: preoccupazioni per i diritti umani

Il governo Meloni affronta critiche delle Nazioni Unite per il decreto sicurezza, ritenuto inadeguato rispetto ai diritti umani, mentre prosegue l’iter legislativo senza modifiche significative.
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Il governo italiano, guidato da Giorgia Meloni, è sotto la lente di ingrandimento delle Nazioni Unite a causa del decreto sicurezza approvato il 4 aprile. Cinque Special Rapporteur dell’Onu hanno espresso preoccupazione per le disposizioni contenute nel disegno di legge, ritenute non conformi agli obblighi internazionali sui diritti umani. Nonostante le avvertenze già ricevute a dicembre scorso, l’esecutivo ha proseguito con l’iter legislativo senza modifiche significative.

Le critiche dell’Onu al decreto sicurezza

L’approvazione rapida del decreto sicurezza ha suscitato allarme tra gli esperti delle Nazioni Unite. In una lettera inviata al governo italiano, i rapporteurs hanno sottolineato come la trasformazione del ddl in un decreto d’urgenza abbia eluso il dibattito parlamentare e pubblico. Questo approccio è stato giudicato problematico poiché potrebbe compromettere i diritti fondamentali dei cittadini.

Il documento redatto dagli esperti dell’Onu evidenziava già a dicembre diverse norme critiche presenti nel ddl Sicurezza. Tra queste ci sono disposizioni che limitano la libertà di movimento e di espressione e che potrebbero portare a detenzioni arbitrarie. Il testo attuale include definizioni vaghe riguardanti il terrorismo che potrebbero essere applicate in modo arbitrario contro specifici gruppi sociali.

In particolare, le norme relative alla libertà di riunione pacifica sono state messe in discussione per via delle loro formulazioni poco chiare, che possono dar luogo a procedimenti legali ingiustificati contro manifestanti e attivisti.

Norme contestate e reati introdotti

Tra le misure più controverse c’è l’introduzione del reato di rivolta all’interno delle carceri e nei Centri di permanenza per i rimpatri . Questa norma punisce anche la resistenza passiva con pene da uno a otto anni di reclusione. Gli esperti dell’Onu hanno descritto questa restrizione come “inutile” e “sproporzionata”, sostenendo che essa possa ostacolare gli sforzi volti alla reintegrazione dei detenuti nella società.

Recentemente si sono verificati episodi significativi nelle carceri italiane: nonostante l’entrata in vigore della nuova legge, si sono registrati disordini in diverse strutture penitenziarie come quella di Piacenza. Qui alcuni detenuti hanno provocato tensione prima che fossero sedati dalle forze anti-sommossa della polizia penitenziaria.

Anche nel carcere di Cassino si sono verificate situazioni simili subito dopo l’attivazione della norma sulla rivolta. Gennarino De Fazio della Uilpa ha denunciato un aumento delle tensioni nelle carceri italiane negli ultimi giorni, segnalando almeno due gravi episodi gestiti dalla Polizia penitenziaria con notevoli difficoltà operative.

La risposta alle preoccupazioni internazionali

Nonostante le critiche provenienti dall’Onu e dalle organizzazioni per i diritti umani, il governo italiano sembra determinato ad andare avanti con il processo legislativo relativo al decreto sicurezza senza apportare modifiche sostanziali alle disposizioni contestate. L’iter legislativo continuerà nelle commissioni Affari costituzionali e Giustizia della Camera dopo Pasqua; tuttavia resta da vedere se ci sarà spazio per un dialogo costruttivo sulle questioni sollevate dai rapporteurs Onu o se verranno ignorate ulteriormente tali preoccupazioni legittime sui diritti fondamentali dei cittadini italiani.