L’impatto delle abbreviazioni sulla comunicazione: uno studio rivela la percezione di autenticità

Uno studio dell’Università di Toronto rivela che l’uso eccessivo di abbreviazioni nei messaggi compromette la percezione di sincerità e può danneggiare le relazioni interpersonali.
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In un’epoca in cui la comunicazione digitale è diventata parte integrante della vita quotidiana, l’uso di abbreviazioni come «cmq», «qlcs» e «nn» è diffuso. Tuttavia, una recente ricerca condotta da Sam Maglio, professore associato di Marketing e Psicologia all’Università di Toronto, mette in discussione l’efficacia di queste pratiche. Secondo lo studio pubblicato su The Conversation, le abbreviazioni possono compromettere la sincerità del messaggio e influenzare negativamente le relazioni interpersonali.

La percezione della sincerità nei messaggi abbreviati

La ricerca ha messo in luce un aspetto interessante: nonostante il 90% degli intervistati affermi di utilizzare frequentemente abbreviazioni senza ritenere che ciò influisca negativamente sulla comunicazione, i dati sperimentali raccontano una storia diversa. Maglio ha avviato questo progetto dopo aver notato che i messaggi del fratello, ricchi di sigle e parole accorciate, sembravano sempre privi di calore. Questo spunto personale ha portato a una serie di esperimenti volti a comprendere come le abbreviazioni influenzino la percezione emotiva dei lettori.

Un’indagine su 150 adulti statunitensi ha rivelato che mentre molti utilizzano abitualmente abbreviazioni nei loro messaggi quotidiani, il modo in cui questi vengono ricevuti può essere molto diverso da quanto si pensa. I partecipanti hanno valutato coppie di messaggi simili per contenuto ma differenziati dalla forma linguistica: uno esteso e l’altro abbreviato. I risultati sono stati chiari: chi riceveva versioni abbreviate tendeva a considerare il mittente meno sincero.

Esperimenti sul campo: speed dating e piattaforme digitali

I ricercatori hanno condotto vari test per esplorare ulteriormente questa dinamica sociale. In un esperimento online durante San Valentino dedicato allo speed dating, i partecipanti hanno ricevuto messaggi romantici sia con che senza abbreviazioni. Coloro che ricevevano testi contratti erano significativamente meno propensi a voler continuare il contatto con l’altra persona; molti hanno dichiarato che tali messaggi trasmettevano l’impressione che l’interlocutore non stesse investendo abbastanza impegno nella conversazione.

In aggiunta agli esperimenti sul campo tradizionali, gli studiosi hanno replicato le indagini su Discord—una piattaforma popolare tra i giovani nativi digitali—per verificare se questa tendenza fosse limitata solo alle generazioni più mature o se fosse universale nel contesto della comunicazione moderna. Anche qui è emerso chiaramente che i messaggi scritti per esteso ricevevano maggiore attenzione rispetto alle versioni abbreviate.

Le conseguenze dell’abbreviazione sistematica

Secondo Sam Maglio, le origini delle abbreviazioni risalgono a periodi in cui scrivere al telefono era complicatissimo; ora però non esiste più alcuna necessità pratica per continuare ad usarle così frequentemente nel nostro linguaggio quotidiano digitale. Nonostante ciò, queste forme contratte continuano ad apparire nei nostri scambi verbali.

Il problema principale non risiede nell’utilizzo occasionale delle abbreviazioni ma piuttosto nella loro applicazione costante nelle interazioni sociali. Quando si inviano ripetutamente messaggi brevi o poco elaborati si comunica implicitamente ai destinatari un senso d’urgenza o disinteresse verso la relazione stessa: “Non vale la pena dedicarti più tempo.” Questo comportamento può erodere lentamente ma costantemente il senso d’intimità tra amici o partner nel lungo termine.

La ricerca suggerisce quindi un’importante riflessione sull’importanza del linguaggio nella costruzione delle relazioni umane nell’era digitale attuale; anche piccoli dettagli come la scelta delle parole possono avere effetti significativi sulle nostre connessioni sociali.

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