Il celebre spettacolo “Le nuvole di Amleto” dell’Odin Teatret, fondato da Eugenio Barba nel 1964, sta per debuttare in Italia. Dopo aver ricevuto recensioni entusiastiche in Francia, la compagnia porterà la sua arte a Milano dal 7 maggio, per poi proseguire a Bologna e concludere alla Biennale di Venezia il 2 giugno. Questo lavoro si distingue per un approccio unico al teatro che mescola elementi della vita di Shakespeare con una riflessione profonda sulla perdita e sul lutto.
La trama: un viaggio tra Amleto e il lutto
La figura del principe danese è centrale nello spettacolo, ma non è l’unico elemento narrativo. Infatti, l’opera esplora anche la morte del figlio di Shakespeare, Hamnet, avvenuta quando quest’ultimo aveva solo undici anni. Questa connessione personale arricchisce ulteriormente la narrazione teatrale e offre spunti di riflessione su temi universali come il dolore e la memoria.
Eugenio Barba ha spiegato che le prove sono iniziate senza un’idea precisa; tutto è partito da una canzone sulle nuvole cantata da uno degli attori. Da quel momento in poi, ogni membro della compagnia ha iniziato a cercare ispirazione attraverso poesie, musiche e opere d’arte legate al tema delle nubi. Julia Varley ha aggiunto che durante questo processo creativo sono emersi dialoghi significativi tra i personaggi principali dello spettacolo che hanno guidato lo sviluppo della trama.
La creazione dello spettacolo si è rivelata essere un viaggio lungo ed emozionante: i membri della compagnia hanno lavorato insieme per scoprire cosa volessero comunicare attraverso le loro performance. L’approccio collaborativo ha permesso loro di esplorare diverse sfaccettature dei personaggi e delle situazioni rappresentate.
L’approccio innovativo del Terzo Teatro
L’Odin Teatret non si limita a seguire le tradizioni teatrali; piuttosto cerca nuove strade espressive attraverso quello che Barba definisce “Terzo Teatro”. Questo concetto implica portare il teatro fuori dai confini convenzionali delle sale teatrali per inserirlo nella vita quotidiana delle persone: scuole, ospedali o persino campi profughi diventano palcoscenici dove instaurare relazioni autentiche con gli spettatori.
Barba sottolinea come l’importanza risieda nelle interazioni umane piuttosto che nei risultati artistici finali. Le esperienze condivise durante queste performance contribuiscono a creare legami significativi tra gli artisti stessi e il pubblico presente. Julia Varley ha raccontato come riceva messaggi da attrici internazionali riconoscendo l’impatto positivo creato dalla rete formata dall’Odin Teatret nel corso degli anni.
Questa filosofia non solo arricchisce l’esperienza teatrale ma offre anche uno spazio sicuro dove affrontare tematiche delicate come quelle legate alla perdita o all’emarginazione sociale.
Un percorso personale: Eugenio Barba e Julia Varley
Eugenio Barba racconta spesso della sua esperienza personale come emigrante italiano; questo aspetto influisce profondamente sulla sua visione del teatro come mezzo capace di dare voce agli esclusi dalla società. La sua storia personale lo porta ad affrontare questioni identitarie attraverso le sue opere artistiche.
Julia Varley ricorda invece com’è stata attratta dal mondo del teatro quasi casualmente durante gli anni ’60 mentre viveva in Italia; questa scoperta cambiò radicalmente la sua vita professionale rendendola parte integrante dell’Odin Teatret sin dai suoi inizi. Entrambi condividono una passione comune per creare spazi inclusivi dove ogni voce possa essere ascoltata senza discriminazioni basate su genere o provenienza geografica.
Il loro incontro fu inizialmente segnato da diffidenza reciproca dovuta alle differenze nei ruoli all’interno della compagnia; tuttavia col tempo hanno sviluppato una collaborazione fruttuosa fondata sul rispetto reciproco ed una visione condivisa riguardo al potere trasformativo del teatro nella società contemporanea.
Guardando al futuro: progetti imminenti
Con i festeggiamenti dei sessant’anni dell’Odin Teatret previsti nel 2024 ed Eugenio Barba prossimo ai novanta anni nel 2026 c’è grande attesa intorno ai futuri progetti artistici della compagnia danese-italiana. Barba anticipa già alcune idee interessanti fra cui uno spettacolo coinvolgente con settanta partecipanti provenienti da diverse culture asiatiche intitolato “Resurrezione”.
Questo progetto dimostra ancora una volta quanto sia importante continuare ad esplorare nuovi orizzonti creativi pur mantenendo salde radici nelle esperienze passate. L’impegno costante verso l’innovazione rende evidente quanto sia vitale continuare ad alimentarsi dalle storie umane più profonde affinché possano emergere nuove forme espressive capaci davvero di toccarci nel profondo.
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