Il 6 aprile 2025 segna il sedicesimo anniversario del devastante terremoto che ha colpito L’Aquila e i comuni limitrofi. Con un bilancio di 309 morti, oltre 1.600 feriti e più di 80mila sfollati, questa data rimane impressa nella memoria collettiva degli abruzzesi. Ogni anno, la città commemora le vittime con eventi silenziosi e momenti di riflessione. Tuttavia, quest’anno l’attenzione si concentra anche sui progressi della ricostruzione, che evidenziano una situazione complessa.
La situazione attuale della ricostruzione
A distanza di sedici anni dal sisma, i dati forniti dagli Uffici speciali per la ricostruzione mostrano un quadro contrastante. Mentre la ricostruzione privata avanza a ritmi sostenuti – con circa il 98% delle pratiche istruite – quella pubblica stenta a decollare: solo il 47,7% degli interventi è stato completato. Il resto è distribuito tra collaudi , attuazione , programmazione e progettazione . Questo divario mette in luce le difficoltà nella rinascita del centro storico aquilano.
La città si presenta come un cantiere aperto; molte aree sono ancora dominate da gru e lavori in corso. Nonostante gli sforzi economici significativi da parte dello Stato italiano – miliardi spesi per la rinascita – l’immagine che emerge è quella di una città non completamente ripresa dalla tragedia.
Un centro storico deserto
Passeggiando nel centro storico de L’Aquila si percepisce immediatamente l’assenza di vita rispetto al periodo pre-sisma. Attualmente risiedono circa cinquemila persone nel cuore della città; questo numero rappresenta meno della metà degli abitanti registrati prima del terremoto. In aggiunta al calo demografico significativo tra i giovani che hanno lasciato la zona alla ricerca di opportunità altrove, il dato sul numero delle abitazioni inutilizzate è allarmante: ben il 40%, contro una media nazionale del cinque percento.
Le attività commerciali hanno subito un duro colpo; prima del sisma erano circa seicento tra bar e negozi operativi in centro mentre oggi solo duecentoventi risultano attive. Salvo Prozenzano dell’Ufficio speciale ha sottolineato come sia fondamentale rivitalizzare questo spazio urbano affinché non diventi simbolo di fallimento dopo ingenti investimenti pubblici.
Le scuole provvisorie: una soluzione temporanea diventata permanente
Uno dei settori più critici riguarda le scuole locali dove quasi quattromila studenti continuano a frequentare moduli scolastici provvisori . Queste strutture erano inizialmente destinate ad essere temporanee ma dopo sedici anni sono diventate l’unica opzione disponibile per migliaia di ragazzi durante tutto il loro percorso educativo.
Massimo Prosperococco del comitato “Scuole sicure” ha evidenziato come queste strutture non siano adeguate alle esigenze scolastiche moderne: mancano palestre ed mense ed essendo prefabbricate presentano problemi termici notevoli durante le diverse stagioni dell’anno. La situazione appare ancor più grave negli edifici scolastici tradizionali; su diciassette istituti esistenti ben undici presentano indici di vulnerabilità sotto i livelli minimi accettabili secondo gli standard normativi vigenti.
L’amministrazione comunale ha avviato alcuni progetti ma solo due cantieri su sedici sono stati conclusi fino ad ora; ciò solleva interrogativi sulla reale volontà politica di affrontare questa emergenza educativa con urgenza adeguata.
Difficoltà nel dialogo con l’amministrazione comunale
Il rapporto fra comitati cittadini ed amministrazione locale sembra complicarsi ulteriormente poiché Prosperococco denuncia una mancanza totale d’interlocuzione da parte del sindaco Pierluigi Biondi dal lontano 2017 dopo un primo incontro iniziale positivo. Nonostante ci siano stati tentativi da parte dei cittadini d’interloquire su questioni cruciali riguardanti le scuole nel centro storico o sull’adeguamento delle strutture esistenti ai requisiti minimi richiesti dalla legge vigente sul tema sicurezza scolastica, tali richieste sembrerebbero cadute nel vuoto senza ricevere risposta concreta dall’amministrazione comunale.
Questa situazione continua a generare frustrazione nei gruppi civili impegnati nella lotta per miglioramenti tangibili nelle condizioni educative dei bambini aquilani mentre si avvicina sempre più l’importante traguardo dell’anno in cui L’Aquila sarà capitale italiana della cultura.