La storia dimenticata dell’eccidio di Porzus: scoperte e verità rivelate da Tommaso Piffer

L’eccidio di Porzus rappresenta uno dei capitoli più oscuri e drammatici della Resistenza italiana, con dinamiche politiche e sociali complesse che legano il passato recente del nostro paese a questioni di identità e di sovranità territoriale. In questo contesto, il nuovo libro di Tommaso Piffer, “Sangue sulla resistenza. Storia dell’eccidio di Porzus“, pubblicato da Mondadori, offre un’analisi dettagliata e sconvolgente di un evento che ha provocato lo sterminio di partigiani in un clima di guerra fratricida. Attraverso la sua ricerca, Piffer porta alla luce nuove evidenze che illuminano il coinvolgimento del comando della Divisione Garibaldi-Natisone, legata al Partito Comunista Italiano e il contesto di tensione tra le forze locali e le ambizioni jugoslave.

Il contesto storico dell’eccidio

L’eccidio di Porzus si è verificato nel mese di febbraio del 1945, in un periodo cruciale per la fine della Seconda guerra mondiale e per la definizione dei confini europei. La strage ha coinvolto 18 membri della Brigata Osoppo-Friuli, una formazione partigiana che si opponeva fermamente agli intenti espansionistici del IX Corpo titino, guidato da Josip Broz Tito, che mirava ad annettere il Friuli alla Repubblica Federativa Socialista Jugoslava. Questo fronte di resistenza italiano era costituito da gruppi di diverso orientamento politico, con le formazioni osovane da un lato, e quelle garibaldine dall’altro.

Di fatto, il conflitto che si installò tra queste formazioni non fu solo una battaglia contro l’occupante nazifascista, ma anche un confronto ideologico e territoriale. La decisione di eliminare avversari interni non fu casuale, ma parte di un piano strategico per consolidare la propria influenza su una zona considerata fondamentale per le mire comuniste. Lo storico Piffer quello di Porzus lo descrive come un vero e proprio omicidio politico, scatenato da una serie di accuse infondate contro i partigiani osovani, artificialmente marchiati come complici dei nazifascisti.

L’analisi delle ricerche di Tommaso Piffer

Tommaso Piffer, professore di storia contemporanea all’Università di Udine e associato del Centro studi sulla guerra fredda di Harvard, ha compiuto ricerche approfondite su documenti e materiali archivistici, alle volte mai esaminati prima, che coinvolgono il periodo immediatamente precedente l’eccidio. La sua indagine mette in luce come l’eliminazione dei partigiani osovani non sia stata una mera operazione militare, ma un’azione pianificata con freddezza dall’ala comunista, desiderosa di sbarazzarsi di ogni opposizione. L’obiettivo finale di queste operazioni era quello di favorire l’annessione della Venezia Giulia alla Jugoslavia di Tito.

La narrazione storica fornita da Piffer esamina in dettaglio i meccanismi politici e le pressioni sociali che portarono a questi eventi tragici. Il libro chiarisce che eventuali tentativi di insabbiamento e la vaghezza attorno al coinvolgimento delle forze comuniste mal si conciliano con l’idea di una Resistenza unita al fine di riportare la pace e la libertà in Italia. Dalla sua ricerca emerge quindi una narrazione in cui il Pci, lungi dall’essere visto come un baluardo di libertà, mostravano ambizioni espansionistiche, dimostrando come il partito stesso fosse intriso di contraddizioni.

Le conseguenze politiche nell’italia del dopoguerra

Il report di Piffer ridisegna anche le conseguenze dell’eccidio nel panorama politico italiano del dopoguerra. Gli esecutori materiali della strage furono processati e condannati, ma i contenuti del memoriale sollevano interrogativi sulla responsabilità collettiva del movimento partigiano. Dichiarazioni di esponenti politici dell’era post-bellica e del Pci sembrano tralasciare la violenza fraterna avvenuta tra le forze resistenziali, concentrandosi invece su un’unica narrativa che enfatizzava la lotta contro il fascismo.

Questa vicenda ha fratturato l’immagine del Pci, forzando gli storici e i politici a riconsiderare sé stessi e i propri orientamenti ideologici. La ricerca di Piffer rappresenta quindi una parte fondamentale di un processo di revisione storica, che ha il potenziale di rimettere in discussione il racconto prevalente della Resistenza, ponendo in risalto la dura realtà di lotte di potere interne e le complesse dinamiche di una guerra civile mascherata da lotta per la libertà.

L’80° anniversario dell’eccidio, commemorato il 23 febbraio scorso, è un’opportunità per riflettere non solo sull’eroismo dei partigiani che hanno combattuto per un ideale di libertà ma anche sugli eventi tragici che hanno segnato il corso della storia italiana. La ricerca di Piffer, con la sua esposizione di fatti e documenti, si pone come un contributo fondamentale per il recupero di una memoria storica spesso offuscata da narrazioni parziali.

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