esplora le dinamiche del fenomeno woke nel 2025, analizzando il grottesco, le polemiche e le nuove prospettive culturali emergenti
Una maestosa statua dorata si erge lungo un boulevard adornato da palme e grattacieli: siamo a Gaza Beach. Qui, il denaro sembra piovere dal cielo, mentre personaggi come Elon Musk si esibiscono in danze e festeggiamenti. Un pallone gonfiato, con un volto sorridente, simboleggia un’atmosfera di gioco d’azzardo e sfarzo. In questo contesto, il messaggio è inequivocabile: si può pagare per tutto, persino per l’oblio. “No more tunnels, no more fear. Trump Gaza is finally here” è il ritornello di un video che accompagna una canzone creata dall’intelligenza artificiale, riflettendo la visione di un presidente degli Stati Uniti che sogna un futuro diverso, nonostante il pesante bilancio di 48.346 morti. La rappresentazione di Trump è paragonabile a un rutto in chiesa, un’esibizione che continua nonostante il caos di una guerra senza fine. Questo tema merita attenzione, poiché Donald Trump sembra credere fermamente nella sua visione. La domanda che sorge è: quale sarà il prezzo della pace?
La questione non si limita a Gaza, ma si estende anche all’Ucraina, dove il costo della pace è più facilmente quantificabile, misurato in terre rare. Trump ha già chiesto un prezzo a Kiev, promettendo di frenare le ambizioni di Vladimir Putin. Gli ucraini si trovano nella posizione di dover riporre fiducia in questa promessa, consapevoli che il rischio di una guerra prolungata è sempre presente. Si tratta di una trattativa cinica, priva di eroi, dove l’alternativa è combattere fino all’ultima goccia di sangue. Nessuno può permettersi di affrontare questa realtà.
Trump rappresenta l’essenza dell’impero americano, senza maschere o illusioni. È il velo di Maya sollevato, rivelando un mondo di denaro e violenza. La ricerca della felicità, un diritto fondamentale, è stata ridotta a un’ossessione che si manifesta in un contesto di paura e insicurezza. L’America, un tempo simbolo di ribellione e gioventù, ora si presenta con il volto stanco di chi ha perso il controllo. La saga di Star Wars diventa una metafora della condizione attuale: la paura quotidiana, quella che ti impedisce di dormire, è il vero nemico. È in questo contesto che Trump trova il suo consenso, tra coloro che si sentono trascurati da un impero che non può più permettersi di mostrarsi forte e sorridente.
La rivoluzione di Trump trae origine da un’ossessione culturale che proviene dall’altra parte. La sua vittoria è il risultato di una stanchezza collettiva nei confronti di un linguaggio inclusivo e di regole imposte in nome della protezione delle minoranze, che spesso sembrano più una forma di intolleranza. La sinistra globale ha perso il contatto con la realtà, allineandosi a un concetto di “stay woke” che ha perso di significato. Il trumpismo, un progetto post-repubblicano, emerge come una reazione a un eccesso ideologico, rappresentando una vittoria del buon senso e del realismo. Tuttavia, gestire questa vittoria non è semplice. Si pone la questione se l’alternativa a un linguaggio inclusivo debba essere la negazione totale di ogni forma di rispetto.
Il rischio è che il trumpismo, con il suo approccio grottesco e militante, generi una reazione simile a quella del movimento “woke”. Ci troviamo così in un pendolo che oscilla tra il surreale e il grottesco, senza una chiara via d’uscita. La frustrazione cresce, e ci si chiede se non ci sia una terza via tra una sinistra eccessivamente politically correct e una destra che sembra abbracciare il caos.