Il cartellone della stagione all’Arena del Sole di Bologna continua a offrire eventi di grande rilevanza culturale. Dopo il successo dell’adattamento di opere di Cechov, la compagnia Archiviozeta porta in scena “La Montagna Incantata”, un’opera ispirata al celebre romanzo di Thomas Mann. Questo spettacolo, realizzato in coproduzione con Emilia-Romagna Teatro, si presenta come un’importante occasione commemorativa: nel 2025 ricorrono 100 anni dalla pubblicazione del romanzo, 150 dalla nascita dell’autore e 70 dalla sua morte. Questa produzione ha una lunga gestazione, ponendo sull’accento il periodo della pandemia, in cui è stata concepita.
Un’opera di grande respiro
“La Montagna Incantata” si sviluppa su tre atti, per un totale di circa 5 ore di spettacolo, più 2 ore di intervalli. La lunghezza e la frammentazione della narrazione rispecchiano la complessità dell’opera di Mann, che approfondisce temi come la malattia, la guerra e il concetto di tempo. Questa produzione, voluta dai registi Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni, si distingue per aver progettato l’allestimento in scenari evocativi, sviluppandosi tra il Cimitero militare germanico del passo della Futa e i suggestivi spazi dell’Istituto Ortopedico Rizzoli di Bologna.
La scelta di localizzare parte dello spettacolo in scenari all’aperto, nei luoghi significativi legati alla memoria e alla storia, contribuisce a creare un’atmosfera particolarmente intensa, un modo per restituire al pubblico un senso di immersione nel racconto. La compagnia ha impiegato quattro anni di lavoro per trasformare questa visione in realtà , creando un prodotto che non solo rende omaggio alla letteratura di Mann, ma si propone anche come riflessione critica sui tempi moderni.
La forza della narrazione
In questo adattamento, i registi affrontano questioni fondamentali attraverso la recitazione di giovani attori, che hanno seguito da vicino il processo creativo giungendo a una profonda comprensione dell’opera. Le domande di fondo che emergono dall’analisi del testo sono scottanti e attuali: Che cos’è il tempo? Qual è il significato di libertà e reclusione? Come si intrecciano i concetti di malattia, guerra e morte? Attraverso una narrazione che miscela il drammatico e il comico, il pubblico è guidato in un viaggio emotivo e riflessivo che induce a riconsiderare la propria esistenza.
I registi evidenziano l’interesse di Mann per vari ambiti di studio, dall’anatomia alla filosofia, dal culto della natura alla psicologia. La complessità caratteristica dell’opera si traduce in un’esperienza affascinante per gli spettatori, ai quali si offre un’analisi tanto sociale quanto esistenziale. La mescolanza di scene vivaci e momenti di profonda introspezione contribuisce a mantenere alto l’interesse, rendendo il teatro un’esperienza viva e fluida.
L’uso di materiali visivi
Un aspetto distintivo delle messe in scena è l’utilizzo di filmati storici provenienti dall’Archivio Nazionale del film di famiglia, realizzati negli anni ’30. Queste immagini, che mostrano gite in montagna e paesaggi suggestivi, offrono un contesto visivo e culturale che arricchisce ulteriormente la proposta teatrale. Attraverso questi filmati, il pubblico viene trasportato nei luoghi descritti nel romanzo e condivide lo sguardo del protagonista, Hans Castorp.
La scelta di incorporare materiale audiovisivo rappresenta un dialogo con il passato, sottolineando così l’epoca di Thomas Mann e il rapporto dell’individuo con la natura e la società . Questi elementi visivi non solo amplificano l’impatto emotivo dello spettacolo, ma rivelano anche come la montagna, simbolo di isolamento e introspezione, assuma significati diversi a seconda delle esperienze di vita dei personaggi.
Un richiamo alla memoria storica
“La Montagna Incantata” si inserisce nel solco di celebrazioni letterarie importanti, ma il suo valore va oltre il semplice omaggio. La rappresentazione di malattie e guerre assume una profondità ancora maggiore alla luce degli eventi storici che hanno segnato il XX secolo. L’immagine di Hans Castorp, costretto a trascorrere sette anni in un sanatorio, diventa un simbolo di un’intera generazione che ha affrontato le incertezze e le distruzioni della Grande Guerra.
Guidotti e Sangiovanni hanno portato sul palco non solo una storia, ma una riflessione su come il presente continui a confrontarsi con temi eterni. In questo senso, il viaggio di Hans è emblematico di una ricerca che parte da interrogativi universali e trova risposte sempre nuove, all’interno una società in continua trasformazione. Gli spettatori sono così invitati a considerare non solo l’arte teatrale, ma anche le connessioni tra la cultura e storia, per un’esperienza davvero indimenticabile.