La guerra dei dazi di Trump si incrocia con le richieste fiscali italiane a Big Tech

L’Agenzia delle Entrate italiana accusa Meta, X e LinkedIn di evasione fiscale per quasi un miliardo di euro, riaccendendo il dibattito sulle imposte sui servizi digitali e le conseguenze legali.
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La questione dei dazi imposti dall’ex presidente Donald Trump ai partner commerciali degli Stati Uniti si complica ulteriormente. Infatti, le recenti azioni dell’Agenzia delle Entrate italiana nei confronti di grandi aziende tecnologiche come Meta, X e LinkedIn hanno riacceso il dibattito sulle imposte sui servizi digitali. Queste aziende sono state accusate di non aver versato l’Imposta sul valore aggiunto per gli anni dal 2015 al 2022, con importi che raggiungono quasi un miliardo di euro complessivi. La situazione si fa sempre più delicata in vista delle tariffe reciproche che entreranno in vigore il 2 aprile.

Accertamenti fiscali su Meta, X e LinkedIn

Nei giorni scorsi, l’Agenzia delle Entrate ha notificato avvisi di accertamento a tre importanti piattaforme digitali: Meta , X e LinkedIn. Le somme contestate ammontano rispettivamente a 887 milioni per Meta, 12,5 milioni per X e 140 milioni per LinkedIn. Questi avvisi riguardano gli anni fiscali dal 2015-16 al 2021-22 e sono stati emessi dopo che le aziende non hanno partecipato al contraddittorio preventivo previsto dalla normativa italiana.

Secondo quanto riportato da Reuters, la posizione dell’Agenzia è supportata dalle indagini della procura di Milano. Le autorità sostengono che i servizi offerti dalle piattaforme siano imponibili ai fini IVA poiché gli utenti forniscono dati personali in cambio dell’accesso gratuito ai servizi stessi. Questa interpretazione considera tali operazioni come “permuta”, simile a un baratto secondo la legislazione vigente sul tema fiscale.

Se questa tesi venisse confermata dai tribunali italiani, potrebbe avere ripercussioni significative sul modello economico adottato dalle multinazionali statunitensi nel settore digitale. L’idea centrale è che anche se i servizi sono gratuiti per gli utenti finali, essendo remunerati attraverso la raccolta dei dati personali degli stessi utenti, diventerebbero soggetti all’imposizione fiscale.

Implicazioni legali e politiche

Le conseguenze legali potrebbero essere gravi se le aziende coinvolte decidessero di non presentare una proposta di mediazione o se continuassero a contestare l’interpretazione fornita dall’Agenzia delle Entrate. In tal caso ci sarebbe un processo giudiziario dove sarà determinante stabilire se queste società debbano applicare l’IVA in tutti i Paesi membri dell’Unione Europea.

L’alternativa sarebbe una rinuncia alla richiesta fiscale da parte del governo italiano dovuta a motivazioni tecniche o politiche; questo scenario potrebbe essere influenzato dalla volontà del governo italiano di evitare ulteriori tensioni diplomatiche con Washington proprio mentre Trump sembra intenzionato ad affrontare qualsiasi imposizione fiscale sulle attività statunitensi all’estero come una forma d’estorsione economica.

Trump ha espresso chiaramente il suo disappunto nei confronti dell’IVA definendola una forma punitiva simile alle tariffe doganali ma molto più gravosa per le imprese americane; sostiene infatti che essa rappresenta un vantaggio competitivo ingannevole per i Paesi europei rispetto agli Stati Uniti.

Il contesto del business digitale

Un aspetto significativo della questione riguarda il fatto che tra le aziende coinvolte ci sono nomi notoriamente legati alla figura pubblica ed economica dello stesso Trump: Mark Zuckerberg con Meta ed Elon Musk con X rappresentano due colossi del settore tech attivi nella raccolta e utilizzo dei dati degli utenti per personalizzare contenuti pubblicitari.

Recentemente Musk ha annunciato l’acquisizione della sua piattaforma social tramite xAI, la sua startup dedicata all’intelligenza artificiale; questa iniziativa prevede già oggi l’utilizzo dei dati provenienti dai circa 600 milioni d’iscritti su ex Twitter senza alcuna opzione esplicita da parte degli utenti contro tale uso commerciale delle loro informazioni personali.

Questo scenario mette ancora più pressione sulla questione IVA poiché ogni attività generata attraverso questi strumenti potrebbe rientrare nell’ambito della tassazione prevista dalla legge italiana, secondo quanto sostenuto dall’Agenzia delle Entrate.