La Papua Nuova Guinea esprime un affetto profondo e sincero nei confronti di Papa Francesco, soprattutto in seguito alla recente canonizzazione di Pietro To Rot, il primo santo del paese. Padre Martin Prado, missionario argentino a Vanimo e amico del Pontefice, racconta come la comunità locale viva con emozione questo momento storico. La figura di Francesco è considerata familiare dai papuani, che lo vedono come un padre spirituale.
Un legame speciale con Papa Francesco
Il legame tra il popolo della Papua Nuova Guinea e Papa Francesco si è rafforzato nel tempo, specialmente dopo la visita del Pontefice nel settembre 2024. Durante quel viaggio, molti abitanti hanno avuto l’opportunità di incontrarlo personalmente. Questo affetto non si è attenuato nemmeno durante i periodi difficili per il Papa, come quando ha dovuto affrontare problemi di salute. Padre Martin Prado riferisce che i bambini locali hanno scritto lettere al Santo Padre esprimendo il loro amore e supporto.
La preoccupazione per le condizioni di salute del Pontefice ha toccato profondamente i cuori dei papuani. “Abbiamo mandato un biglietto questa settimana”, racconta padre Martin. “Non sappiamo se lo abbia ricevuto.” I giovani sono stati particolarmente colpiti dalla situazione del Papa; alcuni hanno pianto in segno d’ansia durante i momenti critici delle notizie sulla sua salute.
Questa connessione emotiva dimostra quanto sia radicata l’immagine di Francesco nella vita quotidiana degli indigeni: “Per noi è uno di famiglia”, afferma padre Martin. La gente manifesta una grande sensibilità verso le sue condizioni ed è pronta ad offrire amore e sostegno.
L’importanza della canonizzazione di Pietro To Rot
La recente approvazione da parte del Vaticano della canonizzazione di Pietro To Rot rappresenta un evento significativo per la comunità papuana. Questo riconoscimento non solo celebra la vita dell’uomo originario dell’isola Rakunai – Rabaul, ma sottolinea anche l’impegno della Chiesa verso le periferie geografiche ed esistenziali.
Padre Martin evidenzia come questa decisione sia vista come una forma concreta di vicinanza alle realtà più marginalizzate: “Lo consideriamo un esempio luminoso per tutti noi.” Il sacerdote ricorda che To Rot fu catechista in tempi difficili quando molti sacerdoti erano imprigionati; egli rimase fedele alla propria vocazione fino alla morte martiriale.
“È molto importante avere il nostro primo santo,” continua padre Martin con entusiasmo visibile nella sua voce stanca ma determinata. Per lui e per gli abitanti locali significa molto avere una figura così significativa da venerare: “To Rot è anche patrono della nostra cittadina Baro.”
Riscoprire la speranza attraverso il Giubileo
Padre Martin parla anche dell’importanza dello spirito giubilare dedicato alla speranza: “Dobbiamo conoscerla e viverla ogni giorno.” Egli sottolinea che spesso si parla poco della speranza nelle comunità religiose contemporanee; tuttavia essa rappresenta una virtù fondamentale da riscoprire.
Secondo lui, la vera speranza nasce dall’unione tra carità e fede: “Non dobbiamo confidare nei potenti o nelle forze terrene,” spiega con umiltà mentre riflette sulla sua esperienza pastorale in un territorio complesso come quello papuano. “Dobbiamo invece riporre fiducia in Dio.”
Vivere nella speranza significa trovare pace anche nei momenti più difficili: “Quando ci rendiamo conto che Dio ci guarda sempre con amore possiamo trarre bellezza dalla vita quotidiana.” Le parole semplici ma profonde rispecchiano l’impegno costante dei missionari sul campo nell’affrontare sfide significative senza mai perdere fiducia nel futuro.