Alessandro Canale ci presenta con “La Gran Mamma – Favola camorrista” un romanzo che si muove con abilità tra la leggerezza di una narrazione comica e la gravità di un contesto storico, quello della Napoli del dopoguerra. Attraverso le vicende del protagonista, Don Calogero Martorio, la storia affronta la nascita della nuova camorra, rivelando, tra il divertimento e la critica sociale, una società complessa e stratificata. La trama si svolge in un contesto in cui i valori tradizionali sono messi in discussione, offrendo uno spaccato della vita quotidiana di una Napoli in trasformazione.
Don Calogero e la sua ambizione di potere
La figura di Don Calogero è centrale nel romanzo. Inizialmente percepito come mera estensione del potere del suocero, il potente Don Vittorio Capocecere, egli cerca di affermarsi come leader tra i vari capi dei Quartieri di Napoli. La sua ascesa avviene in un contesto di conflittualità, ma anche di opportunità. La narrazione si concentra sull’epoca immediatamente successiva alla Liberazione, un periodo in cui le gerarchie sociali e le alleanze sono in continua evoluzione. Il desiderio di Calogero di ottenere il titolo di Mammasantissima rappresenta non solo ambizione personale, ma anche una critica alle dinamiche di potere maschili, che sono state consolidate nel tempo.
Il romanzo dipinge un affresco di uomini che lottano per il predominio, ma emergono figure femminili forti, come Donna Filomena, che sono in grado di influenzare e mettere in discussione la mascolinità dominante. Questa ambivalenza nei ruoli di genere è un tema ricorrente, che offre spunti di riflessione sui cambiamenti sociali e culturali in atto in quel periodo. La figura di Filomena, in particolare, diviene simbolo di resilienza e astuzia, in grado di gestire e manipolare il potere a suo favore, superando gli stereotipi che vorrebbero relegarla a ruoli secondari.
La ricerca della verità e la ristrutturazione della giustizia
Un elemento chiave della trama è l’assassinio di Zumpatiello, un crimine che scardina l’apparente tranquillità dei Quartieri. La questione dell’identità e della colpevolezza gioca un ruolo cruciale nella narrazione. Infatti, sebbene Carmine Atriere sia considerato il principale sospettato, non è così semplice trovare un colpevole. La giustizia, in questo contesto, non è rappresentata da un sistema legale tradizionale ma da un “tribunale” chiamato Gran Mamma, la cui efficienza si basa su regole proprie e su una sorta di consenso tra i capi.
In questo panorama, le donne del rione diventano protagoniste silenziose di una “società onorata parallela”, all’interno della quale si scambiano informazioni e tessono relazioni. Via via che la narrazione si sviluppa, il lettore si rende conto che la verità è più complessa di quanto appaia, e che le apparenze possono ingannare. La scoperta del vero colpevole è accompagnata da un’ironia sottile e da un’attenzione ai dettagli che rendono il racconto avvincente e informativo. Non è solo una questione di vendetta, ma di ridefinizione dei valori e delle proporzioni all’interno di una società in cambiamento.
Un’affascinante caricatura della Napoli del dopoguerra
“La Gran Mamma – Favola camorrista“, pur trattando di temi gravi e delicati, riesce a mantenere un tono leggero attraverso l’ironia paradossale e un linguaggio che rievoca la parlata napoletana. Canale utilizza il dialetto per rendere l’atmosfera ancora più autentica, trasportando il lettore tra le strade di Napoli, animate da personaggi pittoreschi e situazioni grottesche. Questo approccio contribuisce a creare un contrasto tra la superficialità della risata e la profondità delle questioni affrontate.
La scrittura di Canale non è solo un semplice racconto di eventi, ma un’analisi profonda delle relazioni sociali e dei meccanismi di potere, nonché delle tradizioni che influenzano il comportamento dei personaggi. La presenza di ricette, come il sartù di riso e il ragù della tradizione, aggiunge un ulteriore strato di connessione con la cultura locale, rendendo il romanzo non solo una lettura piacevole, ma anche un viaggio sensoriale nel cuore di Napoli.
In definitiva, questo romanzo riesce a trasmettere un messaggio potente: le dinamiche di potere e le lotte di classe non vengono mai meno, eppure anche nei contesti più difficili, le donne trovano la loro voce e il loro spazio, dimostrando che la vera forza può arrivare dalle sorprese più inattese.