Il caso di Simonetta Kalfus, deceduta il 18 marzo 2025 dopo un intervento di liposuzione, ha sollevato gravi interrogativi sulla legalità delle pratiche chirurgiche eseguite in uno studio polimedico a Cinecittà. I carabinieri del Nas hanno sequestrato la sala operatoria dove è avvenuto l’intervento, rivelando che la struttura non era conforme alle normative vigenti. Il chirurgo Carlo Bravi e altri due medici sono ora indagati per omicidio colposo.
Irregolarità nella sala operatoria
La sala operatoria dello studio polimedico in cui è stata operata Simonetta Kalfus non avrebbe dovuto essere utilizzata per interventi chirurgici come una liposuzione. Secondo le normative attuali, tali procedure possono essere effettuate solo in strutture autorizzate e adeguatamente attrezzate. Tuttavia, il chirurgo Carlo Bravi ha proceduto all’operazione nonostante la mancanza di requisiti fondamentali come un sistema di ventilazione e sanificazione dell’aria.
Il sequestro della sala da parte dei Nas è avvenuto dopo un sopralluogo durato oltre sei ore, durante il quale erano presenti anche i medici coinvolti. Bravi ha espresso il desiderio che si faccia chiarezza sulla morte della paziente: “Non sono un incosciente,” ha dichiarato al termine del controllo. La situazione rimane complessa poiché gli investigatori devono chiarire chi altro abbia operato nello stesso ambiente e quali tipi di interventi venivano eseguiti regolarmente.
Il calvario della paziente
Simonetta Kalfus aveva 62 anni ed era stata sottoposta a liposuzione il 6 marzo 2025. Già dal giorno successivo all’intervento, secondo quanto riportato dalla figlia, la donna manifestava segni di malessere. L’anestesista Francesco Iandimarino, amico della famiglia e anch’esso indagato nel caso, si era recato a casa per visitarla insieme al chirurgo Bravi.
Le condizioni di Simonetta peggiorarono rapidamente; il 12 marzo iniziò a mostrare difficoltà nel parlare e movimenti anomali del volto. Nonostante fosse portata al pronto soccorso con sintomi preoccupanti il giorno successivo, i medici inizialmente non riscontrarono problemi significativi se non un principio d’infezione trattabile con antibiotici.
Solo due giorni dopo fu necessario ricoverarla nuovamente presso l’ospedale Grassi dove le sue condizioni continuarono a deteriorarsi fino alla morte avvenuta quattro giorni più tardi.
Le verifiche legali
A seguito del decesso di Simonetta Kalfus è stato aperto un fascicolo dalla procura di Roma per omicidio colposo nei confronti dei tre medici coinvolti nell’assistenza alla paziente: Carlo Bravi , Francesco Iandimarino ed Eleonora Valletta . L’autopsia effettuata dal medico legale Saverio Potenza ha confermato che la causa del decesso è stata una vasta infezione che potrebbe essersi sviluppata post-operatoriamente o durante le visite successive all’intervento.
Un aspetto cruciale delle indagini sarà determinare quando sia insorta l’infezione fatale e perché nessuno dei professionisti sanitari intervenuti prima dell’arrivo all’ospedale abbia riconosciuto i segnali critici evidenti nei giorni precedenti alla morte della donna.
Gli esami istologici
Le analisi istologiche sui campioni prelevati durante l’autopsia saranno decisive per comprendere meglio le cause dell’infezione letale che ha colpito Simonetta Kalfus. Un collegio composto da esperti tra cui un chirurgo estetico e un infettivologo analizzerà i risultati degli esami insieme alle cartelle cliniche disponibili.
In aggiunta agli accertamenti sull’irregolarità della struttura sanitaria in cui si svolse l’intervento chirurgico, sarà fondamentale stabilire se vi siano state alterazioni nelle condizioni dello studio polimedico prima del sopralluogo effettuato dai militari nove giorni dopo la morte della paziente. La Asl Roma 2 avrà anche compiti specifici riguardo ai permessi concessi alla struttura stessa.