Indagini su Pazzali: la difesa smonta le accuse di illeciti nell’accesso ai dati riservati

Enrico Pazzali, presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano, si difende dalle accuse di accesso illecito ai dati delle forze dell’ordine, sostenendo l’assenza di prove concrete a suo carico.
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Il caso legato a Enrico Pazzali, presidente autosospeso di Fondazione Fiera Milano, è sul tavolo del Riesame di Milano. Recentemente, è stata depositata una memoria difensiva che chiarisce e ribatte alle accuse emerse nelle indagini. Secondo quanto riportato dall’avvocato Federico Cecconi, Pazzali non avrebbe mai richiesto accessi ai dati della banca dati delle forze dell’ordine, come sostenuto da alcuni testimoni. Questo articolo esplora i dettagli della difesa, compresi gli elementi di prova presentati.

Assenza di prove a sostegno delle accuse

La memoria difensiva di Pazzali evidenzia l’assenza di qualsiasi riscontro concreto a supporto delle dichiarazioni rilasciate da Carmine Gallo e Nunzio Samuele Calamucci. Questi due avrebbero affermato che Pazzali fosse a conoscenza dell’uso di informazioni riservate nella creazione dei “report reputazionali” realizzati da Equalize. Cecconi sottolinea come tali dichiarazioni siano in contraddizione con le intercettazioni effettuate, dalle quali emerge chiaramente che Pazzali fosse totalmente all’oscuro delle operazioni, inclusi gli accessi alla banca dati denominata Sdi.

Il documento legale chiarisce che Pazzali si limitava a richiedere report, e non è emerso alcun elemento che possa configurare un suo coinvolgimento penalmente rilevante. L’idea sostenuta da Gallo secondo cui Pazzali fosse consapevole di utilizzi illeciti di dati riservati sembra quindi priva di fondamento, come dimostrano le evidenze presentate.

Le intercettazioni e il ruolo di Pazzali

Le intercettazioni ambientali rappresentano uno degli elementi più significativi nel contesto della difesa. Secondo quanto riportato, Gallo e Calamucci avrebbero messo in atto sistemi per “camuffare” i report realizzati in modo da non far trasparire la provenienza illecita delle informazioni. Questo metodo, stando alle conversazioni intercettate, serviva proprio a evitare che Pazzali potesse mai accorgersi della fonte dei dati. Queste informazioni suggeriscono come non solo Pazzali non avesse un ruolo attivo, ma fosse anche deliberatamente escluso dalle decisioni operative.

In molti scambi intercettati, emerge come Gallo percepisse le comunicazioni di Pazzali come una sorta di intrusione, il che lascia intendere che Pazzali non avesse accesso o controllo sulla gestione di tali informazioni. Sebbene i pubblici ministeri lo accusino di un ruolo di coordinamento, la difesa dimostra come tale affermazione non trovi riscontro nelle prove.

Il quadro complessivo e testimonianze aggiuntive

La memoria difensiva fa riferimento anche a dichiarazioni di altri indagati, come Abbadessa, Camponovo e Cornelli, che hanno sostenuto l’assenza di un ruolo attivo di Pazzali nelle operazioni illecite. Questa testimonianza si intreccia con le intercettazioni, corroborando l’idea che Pazzali fosse tenuto in completa ignoranza riguardo alle attività illegali di Gallo e Calamucci.

In particolare, la difesa evidenzia che Pazzali non ha mai avuto contatti con Gabriele Pegoraro, esperto informatico al centro di alcuni dei sospetti emersi. Le intercettazioni sembrano mettere in dubbio la validità delle affermazioni di Gallo, aggiungendo ulteriore peso alla difesa di Pazzali.

Il caso, che nell’ottica della giustizia penale potrebbe sembrare complesso, si sta delineando come una questione basata su accuse suscettibili di essere confutate, grazie a prove concrete e testimonianze che chiariscono la posizione di Pazzali all’interno delle vicende contestate. Con le indagini ancora in corso, gli sviluppi futuri potrebbero rispondere a interrogativi cruciali sul suo coinvolgimento, ma al momento, la difesa sta presentando una narrativa coerente e supportata da fatti tangibili.

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