La mostra “Oreste Zevola”, organizzata da Maria Savarese e in programma dal 13 marzo fino al 9 maggio, rappresenta un omaggio significativo all’artista partenopeo scomparso prematuramente nel 2014. Questo primo progetto espositivo a Napoli in dieci anni è promosso dalla Fondazione Mannajuolo in collaborazione con l’Archivio Oreste Zevola, e mira a far conoscere al pubblico l’opera di un artista che, con le sue molteplici forme espressive, ha lasciato un segno indelebile nel panorama culturale internazionale.
Un viaggio nell’opera di Oreste Zevola
Nato a Napoli nel 1954, Oreste Zevola è stato un artista eclettico, noto non solo come pittore e scultore, ma anche come illustratore e scenografo. La sua carriera artistica ha preso forma negli anni Settanta con la fondazione della rivista d’arte “Juliet” a Trieste, insieme ai colleghi Roberto Vidali e Rolan Marino. La rivista è diventata un’importante piattaforma per la diffusione di idee artistiche innovative e ha segnato l’inizio della sua carriera espositiva, riconosciuta sia in mostre personali che collettive. Con il passare degli anni, Zevola ha ampliato il suo repertorio, realizzando opere che spaziano dal disegno alla pittura su grande formato.
Dal 2000 in poi, è intervenuto non solo nel campo delle arti visive, ma ha anche concretizzato progetti artistici umanitari in Repubblica Centroafricana. Parallelamente, ha mantenuto forti legami con il teatro e il cinema, arricchendo la sua esperienza artistica con nuove tecniche e materiali, tra cui ceramica e cartoncino intagliato. I suoi lavori si distinguono per una capacità di evocare emozioni e per la loro profonda connessione con la cultura napoletana e con la vita stessa.
Una esposizione che racconta l’anima di un artista
La mostra raccoglie oltre 70 opere selezionate dall’Archivio Oreste Zevola, molte delle quali sono esposte a Napoli per la prima volta. Le opere in questione risalgono a un periodo che va dal 2000 al 2014, realizzate con una varietà di tecniche, tra cui tempere su tela e su carta. I visitatori possono ammirare lavori provenienti da progetti significativi come “Bad Boys” , “Cane di pane” , e “Il resto di niente” , fino all’ultimo lavoro completato nell’agosto del 2014. Ogni pezzo è caratterizzato da figure di angeli, esseri umani, piante, uccelli e scene che si intrecciano, offrendo una riflessione profonda su temi universali quali la vita, la morte, e la condizione umana.
Questa varietà tematica non è casuale, poiché le opere di Zevola fluttuano tra realtà e fantasia, creando ibridazioni tra elementi classici e contemporanei. Il risultato è un’esposizione che non solo celebra l’artista, ma invita anche il pubblico a esplorare le complessità delle emozioni e delle esperienze umane.
La proiezione di nuove narrazioni artistiche
In aggiunta alle opere visive, l’esposizione include una selezione di video, tra cui alcuni disegni animati ispirati alla figura storica di Eleonora Pimentel Fonseca e alla Rivoluzione Napoletana del 1799. Questi lavori, realizzati da Zevola come scenografie per il film “Il resto di niente” di Antonietta De Lillo, offrono al pubblico una visione dinamica e originale del suo approccio artistico, ricco di significati storici e culturali. Tali proiezioni non solo arricchiscono il percorso espositivo, ma aprono un dialogo tra il passato e il presente, sottolineando l’eredità culturale che Zevola ha lasciato e continua a ispirare.
L’archivio Oreste Zevola: custode della memoria artistica
L’Archivio Oreste Zevola, fondato nel 2015 e diretto da Marina Gargiulo, ha come obiettivo principale quello di preservare e promuovere l’opera del maestro partenopeo. Recentemente, nel 2024, è stato avviato un progetto di catalogazione curato dalla Soprintendenza Archivistica e Bibliografica della Campania, riconoscendo l’importanza culturale dei lavori di Zevola. Questo processo di catalogazione è fondamentale per garantire che l’eredità dell’artista venga mantenuta viva e accessibile alle future generazioni, contribuendo al rafforzamento della memoria culturale di Napoli e oltre.
La mostra “Oreste Zevola” non deve essere vista solo come un tributo, ma come un’importante occasione per riflettere sull’impatto duraturo che l’arte può avere nel tessuto sociale e culturale di una città.