Nella serata di giovedì 6 marzo 2025, il Teatro della Giustizia a Bologna ha ospitato un momento cruciale nella tragica vicenda di Saman Abbas, la giovane pachistana uccisa nella notte tra il 30 aprile e il primo maggio del 2021 a Novellara. Ali Heider, il fratello di Saman, ha testimoniato in aula durante il processo per l’omicidio della sorella, raccontando dettagli agghiaccianti di quell’orrenda notte che ha segnato per sempre la sua famiglia. Le sue parole hanno rievocato emozioni forti, rivelando una dinamica familiare complessa e piena di tensioni.
Le ultime ore di Saman e le testimonianze in aula
Ali, oggi ventenne, ha descritto gli ultimi istanti di vita di Saman, parlando di un episodio choc che ha visto coinvolto il suo stesso zio. Il ragazzo ha dichiarato di aver visto il parente aggredire la sorella, afferrandola per il collo, mentre altri cugini si trovavano nella casa. Con la voce rotta dal dolore e la mascherina che copriva in parte il suo viso, Ali ha raccontato anche delle sue paure, ammettendo di non aver avuto il coraggio di intervenire per chiedere cosa stesse accadendo. Ha ricordato come, dopo l’aggressione, Saman sia venuta a dormire accanto a lui e abbia pianto. Un ricordo straziante che illustra il tumulto emotivo di quella notte.
La testimonianza è avvenuta in modalità protetta, con un’attenzione particolare per salvaguardare il giovane da possibili influenze esterne. Gli imputati, parenti di Saman, erano stati rimossi dall’aula per garantire un ambiente sicuro per il fratello. Il suo racconto si è arricchito di dettagli quotidiani: momenti passati a guardare serie tv insieme oppure le conversazioni che Saman intratteneva col fidanzato, Saqib.
La questione dei documenti e le tensioni familiari
Nel corso della sua testimonianza, Ali ha parlato anche di un aspetto cruciale, legato alla ricerca di libertà da parte di Saman. La giovane desiderava avere i documenti necessari per potersi allontanare e costruire una vita lontano da dinamiche familiari oppressanti. Ali ha testimoniato che sua madre aveva chiesto di non farle mancare supporto in questo percorso, ma la situazione si complicava giorno dopo giorno. Proprio in merito ai documenti, Ali ha rivelato che la madre avrebbe tentato di darle solo una “carta”, enfatizzando che si trattava di un documento probabilmente falso.
Il giovane ha confermato di non avere mai ricevuto spiegazioni chiare sulle ragioni per cui i documenti veri fossero stati nascosti, lasciando trasparire un certo senso di impotenza di fronte a una situazione familiare delicata e pericolosa.
Ricordi e relazioni familiari spezzate
La testimonianza di Ali ha messo in luce le dinamiche di una vita quotidiana intrisa di paura e silenzi. La sua decisione di non avvalersi di un interprete durante il processo dimostra anche una volontà di affrontare la verità, pur consapevole del peso che essa porta. La sua facilità con la lingua italiana rappresenta una chance in più per comunicare, rivelando una diretta connessione con il contesto in cui si trova, distante culturalmente da quello pachistano.
Ali ha ricordato come Saman fosse semplicemente una ragazza della sua età, con sogni e desideri che purtroppo sono stati stroncati dalla violenza. La vita di entrambi i giovani era segnata da momenti di normalità, come la visione di serie tv, che contrastano drammaticamente con il tragico epilogo che ha portato alla sua morte. Non sorprende che, nonostante il dramma vissuto, Ali sia chiamato a rivelare la verità su ciò che accadeva tra le mura di casa, a rappresentare una sorella che non può più raccontare la sua storia.
Con il processo in corso, i dettagli emersi creano un’atmosfera tesa e ricca di emotività. Le dichiarazioni di Ali non solo disegnano un quadro angosciante di una famiglia segnata da un crimine orrendo, ma pongono anche interrogativi profondi sul ruolo della cultura e delle tradizioni nei rapporti familiari e sulle libertà individuali. La ricerca della verità continua, mentre il giovane affronta le cicatrici lasciate da quella notte tragica.