Il costo dei condoni fiscali: 6,6 miliardi di euro a carico della fiscalità generale

Il report dell’Inps evidenzia che i condoni fiscali dal 2018 al 2022 genereranno un onere di 6,6 miliardi per la fiscalità generale, sollevando preoccupazioni sulla sostenibilità del bilancio pensionistico italiano.
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Il recente report del Consiglio di vigilanza dell’Inps ha rivelato che i condoni delle cartelle contributive, attuati tra il 2018 e il 2022 per il periodo dal 2000 al 2015, comporteranno un onere di sei miliardi e seicento milioni di euro per la fiscalità generale. Questa cifra si inserisce in un contesto più ampio riguardante le finanze pubbliche italiane e solleva interrogativi sulla sostenibilità del bilancio pensionistico nel prossimo futuro.

I dettagli dei condoni fiscali

Negli ultimi anni, i provvedimenti di condono hanno interessato sia i lavoratori dipendenti che quelli autonomi. Per le partite Iva, l’assenza di versamenti regolari si tradurrà in una riduzione degli assegni pensionistici futuri. Al contrario, per i dipendenti pubblici non ci sarà alcuna penalizzazione sugli importi delle prestazioni pensionistiche. Questo significa che eventuali contributi non versati dalle aziende non influenzeranno l’importo finale degli assegni erogati ai lavoratori.

La somma complessiva di 6,6 miliardi è stata calcolata attraverso una verifica sui residui attivi e passivi al 31 dicembre 2023. Le minori entrate sono state quantificate in ben 16,4 miliardi. Due norme principali hanno contribuito a questa situazione: il decreto legge n°41 del 2021 introdotto dal governo Draghi ha generato un impatto economico pari a circa 5,4 miliardi; mentre la legge n°197 del 2022 – la prima legge di Bilancio sotto l’amministrazione Meloni – ha inciso ulteriormente con quasi dieci miliardi.

Questi provvedimenti hanno previsto la cancellazione dei debiti fino a cinquemila euro risalenti al periodo ante-2010 e fino a mille euro per quelli anteriori al 2015. La questione centrale rimane quindi quella dell’automaticità delle prestazioni per i lavoratori dipendenti: poiché questi ultimi non subiranno riduzioni nei loro assegni pensionistici dovute ai mancati pagamenti da parte delle aziende, spetta alla fiscalità generale coprire questo ammanco.

Impatti sul bilancio pubblico

Sebbene sei miliardi e seicento milioni possano sembrare una cifra contenuta rispetto all’intero bilancio previdenziale italiano – che rappresenta circa il 15% del PIL nazionale – essa rappresenta comunque un ulteriore peso su un sistema già sotto pressione. Le riforme adottate negli ultimi anni potrebbero non essere sufficienti ad alleviare questa situazione critica nel lungo termine; infatti si prevede che solo dopo il completamento della riforma Fornero nel 2030 ci possa essere una diminuzione significativa della spesa previdenziale.

Nel solo anno corrente , secondo quanto riportato dalla Ragioneria Generale dello Stato, la spesa previdenziale è aumentata del sette virgola quattro percento ed è tra le più elevate nell’Unione Europea insieme alla Grecia. Negli ultimi cinque anni c’è stato un incremento significativo della spesa complessiva da duecentosessantotto a trecentodiciannove miliardi di euro; ciò corrisponde ad un aumento del diciannove percento su un totale complessivo pari a novecentoquindici miliardi.

Questa crescita esponenziale della spesa sta creando preoccupazioni all’interno dell’esecutivo guidato da Giorgia Meloni riguardo alla sostenibilità finanziaria futura e alle necessarie misure da adottare nella prossima manovra economica.

Reazioni politiche alle nuove scoperte fiscali

L’emergere dei dati forniti dal Civ rappresenta senza dubbio una sfida per l’attuale governo Meloni. All’interno della maggioranza politica ci sono voci discordanti riguardo alle misure fiscali adottate negli ultimi anni: alcuni membri come Matteo Salvini e Giancarlo Giorgetti avevano già espresso dubbi sulla necessità dell’aumento programmato dell’età pensionabile previsto per il prossimo biennio.

Giorgetti ha mantenuto sempre toni cauti sull’argomento mentre Claudio Durigon, sottosegretario al Welfare ed esponente vicino alla Lega Nord, ha difeso strenuamente queste politiche dicendo che chi critica tali misure ignora le difficoltà quotidiane affrontate dai cittadini italiani colpiti dalle crisi economiche passate gestite dalla sinistra italiana.

Le posizioni interne alla maggioranza riflettono tensioni crescenti su come affrontare questioni delicate come quelle legate all’aumento della spesa militare deciso dalla Nato o altre priorità economiche urgenti nell’ambito della prossima finanziaria.