Papa Francesco ha avuto un ruolo significativo nella politica italiana durante il suo pontificato, interagendo con sei presidenti del Consiglio. Le sue modalità relazionali hanno spesso stravolto le consuetudini precedenti, creando dinamiche inedite tra il Vaticano e la politica italiana. Questo articolo esplora come il pontefice ha gestito questi rapporti, evidenziando le affinità umane e caratteriali che hanno influenzato le sue scelte.
Un approccio personale nelle relazioni politiche
Nel corso degli anni, papa Francesco ha dimostrato uno stile comunicativo diretto e confidenziale nei suoi rapporti con i leader politici italiani. A differenza dei suoi predecessori, che tendevano a delegare questioni politiche alle gerarchie ecclesiastiche, Francesco si è immerso personalmente nelle interazioni. Questo approccio ha portato a una gestione più diretta delle relazioni con i vari presidenti del Consiglio.
Le affinità personali sono emerse come un fattore cruciale nel determinare la qualità delle interazioni tra il pontefice e i leader politici. In molte occasioni, l’interesse di papa Francesco per la compatibilità umana ha prevalso sulle differenze ideologiche. Ad esempio, nonostante le divergenze politiche sulla questione migratoria con alcuni leader come Matteo Salvini e Giorgia Meloni, il pontefice ha mantenuto una certa apertura verso Meloni grazie alla sua percezione positiva della sua personalità.
Questa tendenza a privilegiare le sintonie personali rispetto alle affinità ideologiche è stata evidente anche nei casi di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi. Con Gentiloni si è instaurata una relazione proficua basata su interessi comuni in ambito sociale ed ecologico; mentre Renzi è riuscito a costruire un rapporto personale intenso nonostante iniziali tensioni legate alle riforme governative.
Contraddizioni nel dialogo politico
Le relazioni tra papa Francesco e i vari presidenti del Consiglio non sono state prive di contraddizioni evidenti. Un caso emblematico riguarda Paolo Gentiloni: pur avendo instaurato un buon rapporto personale col pontefice, lo stesso Gentiloni era al centro di critiche da parte della Conferenza Episcopale Italiana riguardo alla gestione della migrazione attraverso l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti.
Inoltre, la diversità nel trattamento riservato ai diversi leader politici mette in luce ulteriormente queste contraddizioni. Mentre papa Francesco rifiutava incontri ufficiali con Salvini per dissensi sulla politica migratoria della Lega Nord, mostrava apprezzamento per Meloni nonostante anch’essa fosse criticata dalla CEI per alcune posizioni sui migranti.
Questa apparente incoerenza solleva interrogativi sul perché un papa considerato progressista abbia cercato attivamente buone relazioni con uno dei governi più conservatori nella storia repubblicana italiana. La risposta potrebbe risiedere nella capacità del pontefice di riconoscere valori umani condivisi al di là delle divergenze politiche formali.
I primi incontri: Enrico Letta ed oltre
Il primo presidente del Consiglio ad avere contatti istituzionali significativi con papa Francesco fu Enrico Letta nel 2013. L’incontro avvenne all’aeroporto di Fiumicino prima della partenza del pontefice per la Giornata mondiale della gioventù in Brasile; fu allora che Letta vide per la prima volta Francisco presentarsi senza formalismi tipici degli ambienti ecclesiastici precedenti.
Successivamente Matteo Renzi affrontò sfide simili durante il suo mandato dal 2014 al 2016; dovette superare iniziali diffidenze da parte del Papa riguardo alcune riforme governative controverse come quelle sulle unioni civili o sulla scuola pubblica “Buona Scuola”. Nonostante ciò, riuscì a stabilire una connessione personale forte grazie anche agli incontri informali presso Santa Marta dove si incontravano lontano dai riflettori mediatici.
Paolo Gentiloni continuò su questa strada quando assunse l’incarico dal 2016 al 2018; entrambi condivisero preoccupazione comune rispetto ai temi ambientali ed economici europei che contribuirono ad approfondire ulteriormente il loro dialogo politico ma anche umano all’interno delle mura vaticane.
Crescente sintonia negli anni recenti
Con Giuseppe Conte vi è stata una crescente sintonia durante gli anni in cui guidò due governi . Conte aveva saputo costruire solide basi diplomatiche dentro il Vaticano grazie all’influenza dell’ex cardinale Achille Silvestrini; questo legame facilitò incontri strategici tra lui e Papa Francesco specialmente nei momenti cruciali come quelli legati alla formazione dei nuovi governi italiani dopo crisi politiche importanti.
Durante questo periodo ci furono messaggi chiari provenienti dal Vaticano volti a sostenere Conte contro tentativi interni volti ad anticipare elezioni anticipate da parte dell’allora segretario PD Nicola Zingaretti; tali segnali rafforzarono ulteriormente l’immagine positiva dell’avvocato romano presso gli ambienti ecclesiastici romani.
Infine Mario Draghi rappresentò una figura complessa nei rapporti col pontefice: sebbene vi fosse stima reciproca derivante dalla comune formazione gesuita, esistevano divergenze sostanziali soprattutto riguardo alla posizione filoucraina adottata dall’Italia sotto Draghi mentre Papa Francesco cercava equidistanza fra Ucraina e Russia senza schierarsi apertamente contro nessuna delle parti coinvolte nel conflitto bellico attuale.
La relazione fra Giorgia Meloni – presidente attuale – presenta similitudini ma anche differenze rispetto ai predecessori poiché dopo fasi iniziali cautelose ora sembra emergere maggiore sintonia umana malgrado visioni divergenti su tematiche eticamente sensibili quali immigrazione o diritti civili dove entrambi continuano ad avere posizionamenti distanti ma rispettosi reciprocamente.
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