Foggia: condanne per i rapinatori coinvolti nell’omicidio del titolare di un bar

Quattro giovani condannati a 77 anni per l’omicidio del titolare del bar “Gocce di caffè” a Foggia, in seguito a una rapina violenta avvenuta nel 2020. Ricorsi in Cassazione previsti.
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Il caso della rapina al bar-tabaccheria “Gocce di caffè” di Foggia, culminata con l’omicidio del titolare Francesco Traiano, ha visto recentemente una sentenza significativa da parte della corte d’assise d’appello di Bari. Il 13 gennaio 2025, quattro giovani sono stati condannati a un totale di 77 anni per la loro partecipazione a questo crimine efferato. La sentenza ha confermato la responsabilità dei coimputati e ha escluso l’ipotesi del concorso anomalo in omicidio invocata dalla difesa.

I dettagli dell’omicidio e della rapina

L’incidente si è verificato il 17 settembre 2020, quando Francesco Traiano, 38 anni, è stato accoltellato durante una rapina nel suo bar. L’aggressione è avvenuta nel primo pomeriggio e ha avuto esiti tragici: dopo essere stato colpito al volto con un coltello e aver subito gravi lesioni cerebrali, Traiano è deceduto il 9 ottobre successivo dopo ventidue giorni in coma. La dinamica dell’attacco coinvolse tre giovani armati che fecero irruzione nel locale mentre Consalvo rimase alla guida dell’auto utilizzata per la fuga.

La rapina durò meno di sessanta secondi e fruttò ai malviventi circa cento euro insieme a biglietti del “gratta e vinci”. I tre aggressori entrarono nel negozio con i volti coperti; uno dei ragazzi si fermò all’ingresso scagliando un posacenere contro i dipendenti per intimidirli mentre gli altri due attaccarono Traiano. Le ferite inflitte furono così gravi che non lasciarono scampo alla vittima.

Le condanne inflitte dalla corte

La corte d’assise d’appello ha emesso le seguenti pene: Antonio Bernardo ricevette trent’anni per concorso in omicidio volontario, rapina e incendio; Antonio Pio Tufo ed il coetaneo Christian Consalvo sono stati condannati a vent’anni ciascuno; infine Simone Pio Amorico ha ricevuto sette anni poiché non partecipò fisicamente all’assalto ma pianificò l’azione criminale.

Le difese hanno già annunciato ricorsi in Cassazione contro le decisioni assunte dai giudici pugliesi. In particolare, gli avvocati sostengono che i maggiorenni non potessero prevedere l’escalation violenta della situazione né immaginare che il complice minorenne avrebbe usato un coltello durante la rapina.

Il ruolo cruciale delle prove nella sentenza

Durante il processo sono emerse prove schiaccianti riguardo alla premeditazione da parte degli imputati. È stato evidenziato come Consalvo fosse attivamente coinvolto nella pianificazione della rapina fin dal giorno precedente al colpo stesso quando rubò insieme ad altri complici l’auto utilizzata durante l’assalto. Inoltre, foto trovate sul suo smartphone ritraevano lui stesso insieme agli altri membri del gruppo poco prima dell’attacco.

I giudici hanno ritenuto che Consalvo fosse consapevole dei rischi legati all’utilizzo del coltello da parte del minore durante la commissione del reato. Questa consapevolezza lo rendeva responsabile quanto gli altri complici anche se rimase alla guida dell’auto senza entrare fisicamente nel locale.

Prospettive future dopo la sentenza

Con le recenti decisioni giuridiche già annunciate dai legali degli imputati riguardo ai ricorsi in Cassazione, si prospetta una continuazione delle battaglie legali su questo caso complesso ed emotivamente carico. Gli sviluppi futuri potrebbero portare a ulteriori modifiche alle pene inflitte o chiarire ulteriormente le responsabilità individuali dei vari protagonisti coinvolti nell’accaduto.

Il caso rappresenta non solo una tragedia personale ma anche un punto critico sulla sicurezza pubblica nelle città italiane dove episodi simili sollevano interrogativi sulla prevenzione della criminalità giovanile e sull’efficacia delle misure legislative esistenti.

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