Esposto penale di Beppe Caccia: denuncia di spionaggio tramite spyware nei confronti del giornalista - Socialmedialife.it
Beppe Caccia, noto co-fondatore e responsabile delle operazioni di Mediterranea, ha presentato un esposto penale alla Procura della Repubblica di Venezia. La denuncia riguarda l’attività di spionaggio mediante l’uso dello spyware “Graphite“, fornito dall’azienda Paragon Solutions Usa. Caccia, che è anche armatore della nave Mare Jonio, ha portato alla luce questa inquietante vicenda, segnalando una violazione delle sue comunicazioni personali.
Accompagnato dai suoi legali, Agnese Sbraccia e Giuseppe Romano, parte del Legal Team di Mediterranea, Caccia ha consegnato il suo cellulare, risultato un obiettivo dell’attacco informatico, agli uffici del Procuratore Capo di Venezia. In aggiunta, ha nominato un Consulente tecnico responsabile di seguire le indagini sui dettagli tecnici, evidenziando la serietà della situazione e il desiderio di fare chiarezza.
Nell’esposto sono riportate diverse ipotesi di reato. Tra queste spiccano l’”accesso abusivo a sistema informatico” aggravato dal fatto che Caccia ricopre il ruolo di Pubblico Ufficiale, oltre a reati connessi alla “detenzione e diffusione abusiva di apparati informatici” e “illecite interferenze nella vita privata”. Questa denuncia segna un punto cruciale nella battaglia contro le violazioni della privacy e i diritti civili nella società contemporanea.
Dopo un’indagine civile, svolta in collaborazione con il Citizen Lab dell’Università di Toronto, appare sempre più chiaro che Caccia è stato bersaglio di un’azione di spionaggio sofisticata. L’esposto sottolinea che lo spyware utilizzato è tra i più avanzati sul mercato, capace di accedere a tutte le funzioni del dispositivo, trasformandolo in un microfono e videocamera ambientale. Queste tecnologie, sebbene possano avere applicazioni legittime, vengono adoperate in maniera inadeguata e illegittima in questo contesto.
L’analisi delle modalità di intrusione ha anche portato a una conclusione inquietante: il software in questione è esclusivamente distribuito a entità governative, sebbene sotto rigorose clausole etiche. Tale restrizione proibirebbe l’uso dello spyware su giornalisti, attivisti e dissidenti politici, creando interrogativi sul perché Caccia, insieme ad altri notabili soggetti, sia stato colpito da un’intrusione così invasiva.
Attraverso le parole dei suoi avvocati, Caccia ha espresso il desiderio che l’Autorità Giudiziaria riesca a identificare i responsabili di questa attività illecita. La richiesta non è solo volta a ottenere giustizia per un singolo cittadino, ma mira a proteggere i diritti fondamentali di ogni individuo. L’esposto fa riferimento a un gruppo di persone colpite da pratiche simili, inclusi nomi noti come Luca Casarini, don Mattia Ferrari, David Yambio e Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.
La questione del diritto alla privacy si è intensificata nelle ultime anni, rimuovendo il velo su pratiche di sorveglianza non autorizzate. Cresce la speranza che questo caso possa fungere da catalizzatore per una riflessione più ampia sulle leggi riguardanti la privacy, la libertà di espressione e i metodi di sorveglianza utilizzati da enti governativi. La resa dei conti con tecnologie intrusive e le loro applicazioni potenzialmente dannose è diventata una priorità.