La sparatoria avvenuta a Fidene nel dicembre 2022 ha portato alla condanna all’ergastolo di Claudio Campiti, responsabile della morte di quattro persone durante un’assemblea condominiale. La sentenza è stata emessa dalla prima Corte di assise di Roma dopo un lungo processo che ha visto coinvolti numerosi testimoni e parti civili.
La strage e il contesto
L’11 dicembre 2022, Claudio Campiti si presentò armato all’assemblea del consorzio immobiliare Valleverde, situato nella zona di Fidene, alla periferia nord di Roma. Durante l’incontro, in preda a una furia omicida scaturita da conflitti legati alla gestione del consorzio, aprì il fuoco con una pistola Glock. Le vittime furono Nicoletta Golisano, Elisabetta Silenzi, Sabina Sperandio e Fabiana De Angelis. L’attacco non solo causò la morte immediata delle quattro donne ma lasciò anche segni indelebili nei sopravvissuti.
Il clima teso tra i membri del consorzio aveva creato un terreno fertile per conflitti che sfociarono in questa tragedia. Le dispute riguardavano questioni amministrative e gestionali che avevano esasperato gli animi dei partecipanti all’assemblea. Il gesto estremo di Campiti rappresenta l’apice della violenza derivante da dissidi privati trasformatisi in una vera e propria carneficina.
Il processo e le testimonianze
Il processo contro Campiti si è svolto davanti alla prima Corte d’assise ed è stato caratterizzato da oltre venti udienze e dalla testimonianza di circa cento persone. Tra queste vi erano i familiari delle vittime e altri partecipanti all’assemblea che hanno vissuto attimi terribili durante la sparatoria.
In aula sono stati presentati video dell’accaduto che hanno contribuito a ricostruire i momenti drammatici della strage. I pubblici ministeri hanno chiesto il massimo della pena per l’imputato, sottolineando la premeditazione degli omicidi commessi senza alcun motivo valido se non quello della vendetta personale.
Durante le udienze sono state costituite quaranta parti civili; questo evidenzia quanto fosse profondo il dolore arrecato dalla tragedia non solo alle famiglie delle vittime ma anche ai sopravvissuti traumatizzati dall’esperienza vissuta quel giorno fatale.
La sentenza finale
La Corte ha emesso una sentenza severa: ergastolo per Claudio Campiti con l’aggiunta dell’isolamento diurno per tre anni come misura cautelare aggiuntiva. Oltre alle responsabilità penali attribuite al killer, anche Bruno Ardovini, presidente della Sezione Tiro a Segno Nazionale dove era custodita l’arma utilizzata nella sparatoria, ha ricevuto tre mesi di arresto per omessa custodia dell’arma stessa.
Il tribunale ha rigettato invece le richieste avanzate dalla Procura riguardo alla responsabilità civile del ministero della Difesa e degli Interni nel caso specifico; tuttavia il Tiro a Segno Nazionale dovrà risarcire i danni alle vittime dell’attacco avvenuto quel giorno tragico nel gazebo in via Monte Gilberto.
Claudio Campiti si è mostrato poco pentito durante il processo; anzi le sue dichiarazioni spontanee rivelano un atteggiamento provocatorio nei confronti dello Stato e dei suoi concittadini accusando gli altri membri del consorzio senza mai assumersi pienamente la responsabilità delle sue azioni violente.
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