Negli ultimi giorni, il telefono di Nino Aglieri Rinella ha squillato incessantemente. Dall’altra parte della linea, i genitori palermitani dei circa 300 bambini adottati a distanza in Myanmar cercano rassicurazioni dopo il devastante terremoto che ha colpito il Paese asiatico il 28 marzo. Aglieri Rinella, figlio di Maria Pia Scibona, fondatrice dell’associazione Fratellanza, si è attivato per tranquillizzare le famiglie riguardo alla situazione nei luoghi dove operano.
La richiesta di aiuto dal Myanmar
Maria Pia Scibona ha dedicato la sua vita a costruire un ponte umanitario tra Palermo e Myanmar. Da quando nel 2000 ha messo piede per la prima volta nel Paese, ha instaurato relazioni con missionari e religiosi locali. Oggi all’età di 90 anni continua a seguire con attenzione gli sviluppi della crisi politica aggravata dal recente sisma. Il bilancio delle vittime è drammatico: quasi tremila morti e una stima che potrebbe aumentare nei prossimi giorni. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha già richiesto otto milioni di dollari per fornire aiuti essenziali.
Aglieri Rinella e sua madre hanno ricevuto una comunicazione da suor Rosa, responsabile delle strutture dell’associazione in Myanmar, che descrive una situazione critica. “Abbiamo soci che contribuiscono regolarmente alle donazioni”, afferma Aglieri Rinella, “ma ora c’è bisogno urgente di ulteriore sostegno”. La necessità è chiara: le risorse sono insufficienti per affrontare l’emergenza attuale.
Il ponte di solidarietà tra Palermo e l’ex Birmania
La storia dell’associazione Fratellanza è radicata nell’incontro tra Maria Pia Scibona e un sacerdote birmano in Sicilia. Questo incontro ha acceso in lei la passione per aiutare un Paese ricco di culture ma segnato da conflitti interni ed esterni. “Il Myanmar”, spiega Aglieri Rinella, “ha più o meno lo stesso numero di abitanti dell’Italia ma è due volte più grande”. Le tensioni etniche sono amplificate dalla presenza cinese nella regione e dai governi militari succedutisi negli anni.
Un nome emblematico nella storia birmana è quello di Aung San Suu Kyi, premio Nobel per la Pace nel 1991; simbolo della lotta contro la repressione militare fino al suo arresto avvenuto dopo il colpo di Stato del 2021.
Nel corso degli anni l’associazione Fratellanza si è evoluta da invii sporadici d’aiuti materiali a progetti strutturati sul territorio birmano. I primi interventi consistevano principalmente nell’invio d’indumenti grazie alla collaborazione con compagnie aeree asiatiche; oggi si tratta invece d’un impegno costante verso lo sviluppo sociale ed educativo del Paese.
Gli asili, le adozioni a distanza e i birmani arrivati a Palermo
Fratellanza non si limita alle adozioni a distanza; negli oltre vent’anni d’attività sono stati creati circa trenta centri educativi soprattutto nell’area metropolitana Yangon – ex capitale del paese fino al 2005 – noti come asili-mensa. Questi centri accolgono bambini dai tre anni in su poiché la scuola primaria comincia solo dai sette anni; prima i piccoli vivono spesso senza istruzione né assistenza adeguata.
“Nei nostri centri”, racconta Aglieri Rinella, “insegnamo anche nozioni basilari come lavarsi o mangiare”. Alcuni dei bambini accolti hanno avuto opportunità straordinarie grazie all’associazione: come Zabina Naw che vive ora a Palermo dopo aver completato gli studi universitari grazie al supporto ricevuto negli anni passati dalla fondatrice Maria Pia Scibona.
Zabina racconta come sia riuscita ad arrivare in Italia attraverso un contratto lavorativo nel settore assistenziale; oggi fa parte delle diciannove cittadine birmane residenti nella città siciliana secondo dati recenti del Comune.
L’Sos: non solo il terremoto ma anche il regime militare
La comunità birmana residente a Palermo vive con apprensione gli eventi drammatici che stanno accadendo nel loro paese natale specialmente dopo le scosse telluriche recenti. Zabina Naw conferma che fortunatamente i suoi familiari non hanno subito danni diretti ma riceve aggiornamenti inquietanti da amici rimasti lì: “Mi raccontano storie terribili”, dice “sotto le macerie ci sono ancora molte persone intrappolate”.
La situazione viene complicata ulteriormente dall’atteggiamento della giunta militare locale; molti degli aiuti umanitari sembrano finire nelle mani sbagliate mentre continuano bombardamenti indiscriminati sulla popolazione civile.
L’appello finale arriva chiaro dalle voci coinvolte direttamente nelle operazioni umanitarie: serve volontariato concreto affinché gli aiuti raggiungano realmente chi ne necessita senza essere deviati dalle autorità locali corrotte.
Chi desidera contribuire può contattare direttamente l’associazione Fratellanza tramite i canali ufficializzati dall’organizzazione stessa durante questi momenti critici.