Eccidio di Porzus: la verità svelata da Tommaso Piffer nel suo nuovo libro

La ricerca storica continua a illuminare eventi controversi del passato, come l’eccidio di Porzus avvenuto nel febbraio del 1945. Questo episodio, che ha visto la morte di 18 partigiani della Brigata Osoppo-Friuli per mano di membri di un altro gruppo partigiano, solleva interrogativi sulle dinamiche di potere e le tensioni politiche del tempo. Tommaso Piffer, attraverso il suo libro “Sangue sulla resistenza”, offre una nuova prospettiva su questo drammatico evento, mettendo in luce il coinvolgimento del comando della Divisione Garibaldi-Natisone, con profonde conseguenze per la comprensione della lotta partigiana in Italia.

Il contesto storico dell’eccidio di Porzus

Il contesto in cui si inquadrano gli eventi del febbraio 1945 è complesso e segnato da una lotta fratricida tra diverse fazioni partigiane. Da un lato, i partigiani della Brigata Osoppo-Friuli, da sempre impegnati nella difesa dell’italianità del territorio orientale, si opponevano al IX Corpus titino, il quale aspirava ad annettere il Friuli alla futura Repubblica Federativa Socialista Jugoslava. Dall’altro lato, i membri della Divisione Garibaldi-Natisone, affiliati al Partito Comunista Italiano , volevano eliminare ogni ostacolo alle loro mire politiche, dettate da una strategia di espansione territoriale che non rispettava la volontà degli abitanti locali.

L’ormai noto eccidio avvenne tra il 7 e il 18 febbraio nelle montagne sopra Faedis, culminando in un atto di violenza che mise a dura prova la coesione del movimento partigiano. I risultati di queste tensioni furono devastanti, con la vita di 18 combattenti, alcuni dei quali avevano legami familiari con figure note della cultura italiana, spazzata via in un’azione decisa dal Pci e dalla divisione Garibaldi-Natisone.

Nell’analisi di Piffer: la politica alla base della strage

Il nuovo libro di Tommaso Piffer, docente di Storia Contemporanea presso l’Università di Udine, si fonda su ricerche approfondite e su documentazioni fino a quel momento trascurate. Attraverso l’esame di fonti slovene, Piffer ha rivelato che le decisioni fatali furono prese già nei mesi precedenti l’eccidio, un dettaglio fondamentale che modifica la narrazione prevalente secondo cui la divisione Garibaldi agì isolatamente. La ricerca propone un’immagine più complessa della Resistenza, dove le rivalità politiche alimentano la violenza tra gruppi che avrebbero dovuto combattere uniti contro il fascismo.

Piffer chiarisce che i tentativi di diffamazione degli osovani, accusati di collusione con i nazifascisti, furono strumentali e non giustificati. Tale atteggiamento serviva a motivare l’azione violenta e a rafforzare il controllo della Garibaldi sulla narrativa del Pci, sempre più agguerrita nel voler giustificare le sue azioni attraverso un apparente bisogno di ordine. La brutalità del gesto esprime, secondo l’autore, una vera e propria “determinatezza brutale” nel voler eliminare un avversario politico, sottolineando quanto poco valesse la vita in quel contesto di pressioni politiche.

Conseguenze legali e il futuro della memoria storica

Con il passare degli anni, la questione legata all’eccidio di Porzus ha continuato a sollevare importanti interrogativi. Nel dopoguerra, gli esecutori materiali della strage furono processati e condannati, ma la connessione tra la Garibaldi-Natisone e l’eccidio rimase avvolta da un alone di sospetto, senza una verità ufficiale mai ben definita. La ricerca di Piffer si propone quindi come una pietra miliare nel cercare di chiarire un episodio che ha segnato la memoria collettiva e la narrazione della Resistenza italiana.

Occorre anche tenere conto di come il dibattito contemporaneo possa risentire dei traumi del passato. La strage di Porzus ha lasciato cicatrici nei rapporti tra le diverse anime della Resistenza e, più in generale, nella percezione di quel periodo storico. Le divisioni tra le forze antifasciste si manifestarono chiaramente e continuarono a influenzare la politica italiana del dopoguerra. L’analisi di Piffer promuove una lettura critica della Resistenza, evidenziando la necessità di una riuscita rielaborazione storica che non ignori le complessità e le contraddizioni di quegli anni, fondamentali per comprendere le sfide del presente.

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