Giuseppe Peveri, noto come Dente, torna con un nuovo album intitolato “Santa tenerezza”, che esplora il tema del mal d’amore attraverso dieci tracce ricche di emozioni. L’artista riflette sulla sua evoluzione personale e professionale, raccontando come la musica rappresenti per lui una valvola di sfogo. In questa intervista, Dente condivide dettagli sul processo creativo dell’album e le sue opinioni sull’intelligenza artificiale nel mondo della musica.
Un album ispirato dalle esperienze personali
“Santa tenerezza” si presenta come una raccolta di canzoni nate da esperienze reali e sentimenti profondi. Secondo Dente, l’album è stato scritto in un periodo molto breve: sei brani in dieci giorni. Le canzoni affrontano temi legati a rotture amorose e alla ricerca di qualcuno che non ricambia più i sentimenti. L’artista descrive questo processo creativo come terapeutico: “Se sono triste scrivo e quindi sono anche felice”, afferma.
Le tracce dell’album si caratterizzano per la loro leggerezza melodica ma anche per la profondità dei testi. Frasi evocative come “Mi viene quasi da ridere / ma piango” rivelano una vulnerabilità autentica che risuona con chiunque abbia mai vissuto un amore difficile. La musica diventa così uno strumento per esprimere ciò che spesso rimane inespresso nella vita quotidiana.
Dente sottolinea l’importanza della realtà nelle sue composizioni: “C’è chi con la sola fantasia scrive storie struggenti, io devo attingere alla realtà”. Questo approccio rende le sue canzoni riconoscibili ed empatiche, permettendo agli ascoltatori di identificarsi facilmente nei suoi testi.
Tematiche ricorrenti nell’universo musicale di Dente
Nell’album emergono diverse tematiche tipiche del “Dente-pensiero”. La città è rappresentata come uno spazio dove i sogni possono svanire rapidamente; l’amore viene descritto in modo effimero, simile a uno spritz dimenticato su un tavolino. Non manca poi una dose di ironia salvifica che contrasta con momenti di sconfitta elegante.
I fantasmi degli amori passati affiorano tra le note delle canzoni: “Anche se so che non ci vivi più / E ti cerco talmente tanto bene”, canta Dente evocando immagini nostalgiche legate ai luoghi condivisi con persone amate ma ormai lontane. Questa capacità narrativa permette all’artista di creare atmosfere suggestive dove il passato continua a influenzare il presente.
La copertina dell’album riflette questa dualità emotiva: raffigura una donna sospesa tra le nuvole, simbolo della fragilità umana elevata a icona religiosa. Per Dente, “Santa tenerezza” non sta né in cielo né in terra; è qualcosa che vive tra le righe dei suoi testi ed evoca sentimenti contrastanti senza mai risultare pesante o opprimente.
Riflessioni sull’intelligenza artificiale nella musica
Un aspetto interessante emerso durante l’intervista riguarda l’utilizzo dell’intelligenza artificiale nel processo creativo dell’album. Sebbene abbia collaborato con strumenti AI per sviluppare idee visive per la copertina del disco – utilizzando frasi tratte dai suoi brani – Dente mantiene una certa cautela nei confronti della tecnologia: “L’AI è come la droga: ho paura che mi piaccia”.
Secondo lui sarà sempre necessaria l’intelligenza umana accanto a quella artificiale nel campo artistico; infatti sostiene che integrare nuove tecnologie può essere vantaggioso senza farsi sopraffare da esse. Riconosce inoltre quanto sia importante mantenere viva la creatività individuale anche nell’era digitale.
Questa posizione equilibrata mostra quanto sia fondamentale trovare un compromesso tra innovazione tecnologica e autenticità artistica nel panorama musicale contemporaneo.
Futuro incerto ma pieno di possibilità
Riguardo al futuro della sua carriera musicale, Dente ha espresso dubbi sulla continuità del suo lavoro artistico attuale; tuttavia non ha intenzione immediata di abbandonare il palcoscenico o gli studi registrazione: “Per adesso no”. Si interroga su cosa significhi continuare a fare dischi e concerti negli anni futuri mentre considera alternative creative possibili oltre alla musica stessa.
In particolare menziona progetti letterari cui sta pensando da tempo ma sui quali deve ancora decidere se impegnarsi concretamente o meno; ammette candidamente quanto possa essere difficile iniziare nuovi lavori creativi quando ci si sente sopraffatti dalla routine quotidiana o dalla pressione esterna riguardo alle aspettative artistiche.
Infine fa riferimento al suo libro “Favole per bambini molto stanchi”, ancora ristampato dopo dieci anni dal suo debutto editoriale; questo dimostra chiaramente quanto possa essere gratificante vedere opere passate continuare ad avere successo anche dopo lungo tempo dall’uscita originale.