Dazi americani su prodotti italiani: l’impatto su vino, formaggi e altri prodotti agroalimentari

Le nuove misure doganali annunciate dagli Stati Uniti rappresentano una sfida significativa per il settore agroalimentare italiano. A partire dal 2 aprile, una serie di dazi colpirà diversi prodotti nostrani, con effetti diretti sulle vendite e sul posizionamento di marchi storici nel mercato americano. I dati recentemente presentati dall’analisi di Cia-Agricoltori Italiani-Nomisma pongono l’accento sulle conseguenze economiche che potrebbero derivare da questa decisione.

Il sidro di mele: il prodotto più colpito

Tra i beni italiani a rischio dazi, il sidro di mele emerge come il più vulnerabile, con una considerevole esposizione al mercato degli Stati Uniti. Questo prodotto, particolarmente apprezzato negli USA, destina il 72% delle sue esportazioni al mercato americano, generando un fatturato stimato di circa 109 milioni di euro nel 2024. Il sidro è protagonista di un settore di nicchia che ha saputo conquistare il palato dei consumatori americani, ma con l’introduzione dei dazi al 25%, la redditività e la competitività di questa categoria potrebbero subire un brusco rallentamento.

Il potenziale impatto sui consumi è notevole, poiché l’industria alimentare americana potrebbe decidere di sostituire il sidro italiano con alternative locali o provenienti da altri paesi. Si evidenzia così la vulnerabilità di prodotti alimentari caratteristici che potrebbero perdere terreno a favore di opzioni più economiche, a discapito dell’economia italiana.

Pecorino Romano e altri formaggi italiani a rischio

Accanto al sidro, anche il Pecorino Romano si posiziona ad alto rischio in seguito all’implementazione dei dazi. Con il 57% delle sue vendite complessive indirizzate verso gli Stati Uniti, il fatturato per il 2024 è previsto attorno ai 151 milioni di euro. La richiesta di questo formaggio, prevalentemente prodotto in Sardegna, è sostenuta dal suo uso in diversi piatti tipici americani, nonché per l’insaporimento di snack come le patatine.

Tuttavia, l’impatto dei dazi potrebbe spingere i produttori statunitensi a cercare alternative, mettendo a rischio un mercato fiorente per questo prodotto. Il settore delle chips e degli snack, che muove circa 2,5 miliardi di dollari, potrebbe, infatti, optare per prodotti caseari più competitivi in termini di prezzo, penalizzando l’importazione di specialità italiane come il Pecorino. In questo modo, la cultura gastronomica italiana potrebbe vedere ridotto il suo prestigio negli Stati Uniti.

Il vino italiano: la principale vittima della nuova politica doganale

La situazione si complica ulteriormente per il vino italiano, il quale rappresenta una delle voci più generose dell’export agroalimentare. Questo settore ha visto crescere le vendite fino a raggiungere quasi 1,9 miliardi di euro nel 2024, rendendo gli Stati Uniti il primo mercato mondiale per il vino italiano. Tuttavia, il rischio legato ai dazi varia a seconda del tipo di vino. Le esposizioni più forti agli Stati Uniti sono riscontrabili nei vini bianchi Dop del Trentino-Alto Adige e del Friuli-Venezia Giulia, che contano su una quota del 48% delle loro vendite estere. A seguire, i vini rossi toscani e piemontesi, assieme al Prosecco Dop, registrano percentuali di esposizione dalle significative cifre.

Questa vulnerabilità potrebbe dare spazio a produttori esteri, come il Malbec argentino o lo Shiraz australiano, i quali potrebbero conquistare clientela a scapito dei vini italiani, riducendo ulteriormente le opportunità per i produttori locali. Questa competizione deve essere monitorata da vicino, poiché l’attenzione dei consumatori tende ad allontanarsi dai vini italiani in favore di opzioni più economiche.

Altri prodotti alimentari e l’influenza dei dazi

L’olio d’oliva e i liquori italiani rappresentano anch’essi categorie produttrici che potrebbero subire un impatto notevole dai dazi. Per l’olio d’oliva, l’export verso gli Stati Uniti ha raggiunto circa 937 milioni di euro nel 2024, costituzionando il 32% del totale. A differenza di vino e formaggi, l’olio d’oliva è considerato meno sostituibile, il che potrebbe creare una certa stabilità nel mercato.

In un contesto di commercio globale complesso, il futuro dell’export alimentare italiano negli Stati Uniti appare incerto. Secondo Cristiano Fini, presidente di Cia, un’azione diplomatica forte è essenziale per proteggere i traguardi raggiunti in questo settore. Con 7,8 miliardi di euro nel 2024, il mercato statunitense si conferma un obiettivo primario per il cibo e il vino Made in Italy, che l’Italia deve tutelare e sviluppare attraverso trattative adeguate e strategie efficaci.

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