La Prima Commissione del Consiglio superiore della magistratura ha chiesto al plenum di archiviare la pratica riguardante Marco Patarnello, pubblico ministero della Cassazione. La decisione arriva dopo le polemiche suscitate da un intervento di Patarnello in una mailing list non pubblica dell’Associazione nazionale magistrati, dove aveva espresso critiche nei confronti dell’azione politica della premier Giorgia Meloni. Questo episodio ha scatenato un acceso dibattito politico e mediatico.
Il contesto della segnalazione
Il caso è emerso lo scorso ottobre quando il contenuto di una mail inviata da Patarnello è stato reso pubblico dal quotidiano Il Tempo. Nella comunicazione, il pm definiva l’operato politico di Giorgia Meloni “molto più pericoloso” rispetto a quello del suo predecessore Silvio Berlusconi, sottolineando che l’obiettivo sarebbe stato quello di “riscrivere l’intera giurisdizione” piuttosto che cercare semplicemente un salvacondotto personale. Questa affermazione ha attirato l’attenzione dei media e provocato reazioni forti da parte dei rappresentanti politici.
Dopo la pubblicazione della mail, Matteo Salvini, vicepremier e leader della Lega, si era espresso in modo critico nei confronti di Patarnello dicendo che “non dovrebbe più essere al suo posto”. Le dichiarazioni hanno alimentato ulteriormente le tensioni tra i vari schieramenti politici e all’interno del Csm stesso.
Le reazioni politiche e le richieste disciplinari
L’intervento di Patarnello non è passato inosservato all’interno del Consiglio superiore della magistratura. Un gruppo di consiglieri eletti dalla maggioranza parlamentare ha chiesto ufficialmente l’apertura di un procedimento disciplinare contro il pm per incompatibilità ambientale. Tra i firmatari ci sono nomi noti come Felice Giuffrè e Claudia Eccher. Questi consiglieri hanno sostenuto che le dichiarazioni fatte sulla mailing list minano la credibilità del magistrato stesso.
Le accuse mosse dai membri del Csm si concentrano sul fatto che tali affermazioni possano compromettere l’indipendenza necessaria ai giudici nell’esercizio delle loro funzioni. Secondo loro, esistono frange all’interno della magistratura associata pronte a interferire nelle questioni politiche attraverso azioni coordinate.
La decisione finale sulla pratica
Nonostante le pressioni politiche e le richieste formali per avviare procedimenti disciplinari contro Marco Patarnello, i titolari dell’azione disciplinare – ovvero il ministro della Giustizia e il procuratore generale – non hanno aperto alcun procedimento nei suoi confronti. La Prima Commissione del Csm ha votato a favore dell’archiviazione con alcune opposizioni isolate: solo Michele Papa si è astenuto sulla motivazione proposta.
Nella deliberazione finale è stata inserita una nota critica verso Patarnello riguardo alla “ampia risonanza mediatica” delle sue dichiarazioni riservate; ciò evidenzia come sia fondamentale mantenere imparzialità nel ruolo ricoperto dai magistrati secondo quanto stabilito dalla Corte costituzionale nel 1981. Questo richiamo serve a ribadire l’importanza dell’indipendenza dei giudici nell’esercizio delle loro funzioni senza influenze esterne o opinioni personali espresse in contesti privati ma poi rese pubbliche.