Crescita dei salumi made in Italy a rischio per costi elevati e dazi Usa, avverte Assica

Il settore dei salumi made in Italy affronta sfide economiche e sanitarie, con l’aumento dei costi e la peste suina africana che minacciano la sua competitività e crescita.
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crescita dei salumi made in italy minacciata da costi elevati e dazi statunitensi, secondo l'allerta di assica nel 2025

Il settore dei salumi made in Italy si trova attualmente in una situazione complessa. Nonostante le buone performance produttive, deve affrontare sfide rilevanti, come l’aumento dei costi delle materie prime e le conseguenze della peste suina africana. Davide Calderone, direttore di Assica, l’Associazione industriali delle carni e dei salumi parte di Confindustria, ha recentemente fornito un’analisi approfondita, mettendo in luce le difficoltà economiche che minacciano questa filiera cruciale per il made in Italy.

Performance produttive e sfide economiche

Nel 2023, il settore ha visto una crescita modesta dello 0,7% nella produzione di salumi, raggiungendo 1,151 milioni di tonnellate, rispetto ai 1,143 milioni del 2022. Tuttavia, il valore della produzione è aumentato in modo significativo, passando da 8,553 milioni di euro a circa 9,168 milioni, grazie all’alta inflazione e all’aumento dei costi delle materie prime. Calderone sottolinea che, sebbene i volumi produttivi siano soddisfacenti, i margini di profitto sono in calo a causa dell’aumento dei costi della carne di suino e dell’energia. La situazione è ulteriormente complicata dalla peste suina africana, che ha causato perdite stimate di oltre 20 milioni di euro al mese in esportazioni, portando il totale dei danni a superare il mezzo miliardo di euro.

Impatto della peste suina africana

La peste suina africana continua a rappresentare una minaccia seria per il comparto. Calderone ha evidenziato come la malattia abbia portato a chiusure di mercati esteri, in particolare in Asia, dove alcuni paesi non riconoscono le normative europee sulla regionalizzazione. A causa di un singolo caso di infezione, nazioni come Cina e Giappone hanno bloccato le importazioni di carne suina italiana, ignorando le misure di sicurezza adottate durante la produzione. Questa chiusura dei mercati ha avuto un impatto devastante, costringendo le aziende a cercare nuovi sbocchi commerciali e a investire in mercati ancora aperti, dove i prodotti italiani sono sempre molto apprezzati.

Dazi statunitensi e costi energetici

Un’altra preoccupazione per il settore è rappresentata dai dazi imposti dagli Stati Uniti sui prodotti europei, che colpiscono in modo particolare i salumi italiani. Calderone ha ricordato che, in passato, durante l’amministrazione Trump, erano stati applicati dazi del 25% su salami e mortadelle, mentre i prosciutti crudi come il Parma e il San Daniele erano rimasti esenti. L’eventualità di un aumento dei dazi potrebbe avere ripercussioni dirette sui prezzi e, di conseguenza, sulle esportazioni. Con oltre 16.844 tonnellate di salumi esportati verso gli Stati Uniti nel 2023, per un valore di 220,3 milioni di euro, il mercato americano rappresenta un’opportunità cruciale per il settore.

In aggiunta, il settore sta affrontando un aumento vertiginoso dei costi energetici, che colpisce in modo particolare le aziende più energivore. Calderone ha sottolineato l’importanza di interventi governativi per stabilizzare i prezzi dell’energia, essenziali per garantire la competitività delle imprese nel mercato globale.

La filiera dei salumi made in Italy, pur affrontando sfide significative, continua a cercare opportunità di crescita e innovazione, mantenendo alta la qualità dei propri prodotti, che rimangono un simbolo di eccellenza nel panorama alimentare mondiale.

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