Un dibattito acceso e complesso circonda il caso Paragon, che coinvolge attività di spionaggio da parte di autorità pubbliche italiane. Nella presentazione dell’attività annuale dei servizi segreti, il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, ha affermato che non verranno forniti ulteriori dettagli sul tema, alimentando una serie di interrogativi che restano senza risposta e contribuendo a un clima di crescente tensione, non solo tra media e governo, ma anche tra opinione pubblica e autorità.
L’assenza di informazioni sul caso Paragon
Durante la recente conferenza stampa a Roma, il governo ha assunto una posizione nettamente difensiva riguardo al caso Paragon. Mai come oggi, la questione sul monitoraggio di attivisti e giornalisti, tra cui anche Francesco Cancellato, direttore di Fanpage.it, ha sollevato perplessità. Mantovano si è espresso con fermezza al riguardo, affermando che “qualsiasi ulteriore informazione renderebbe più difficile l’operato delle agenzie di intelligence e delle indagini in corso.” Questa scelta di silenzio appare più simile a un segreto di Stato che a una semplice riservatezza.
Nonostante la mancanza di comunicazioni ufficiali, restano molti punti oscuri. Il pubblico si interroga su chi esattamente sia stato oggetto di queste operazioni di spionaggio e quali siano stati i motivi di tali atti. A questo si aggiunge il sospetto di operazioni illecite, alimentato dalle lacune informative dallo stesso governo. Gli interrogativi riguardano la concreta disponibilità e l’uso della tecnologia di spionaggio, come il software israeliano utilizzato per monitorare vittime inattese.
Le dichiarazioni del sottosegretario Mantovano
Nel corso della conferenza, il sottosegretario Mantovano ha ripetutamente eluso le domande dei cronisti, ribadendo che “tutto ciò che si poteva dir pubblicamente è stato già comunicato.” La sua posizione rimane che ulteriori dichiarazioni potrebbero compromettere la riservatezza delle indagini attualmente in corso, gestite sia dalle procure che dal Comitato parlamentare per la Sicurezza della Repubblica . È emblematico che la prima risposta del governo alle accuse sia stata quella di negare qualsiasi coinvolgimento delle forze di intelligence nel monitoraggio di giornalisti o di altri individui protetti dalla legge.
Mantovano ha affermato che il divulgare dettagli sull’attività degli agenti potrebbe nuocere alle operazioni e al lavoro delle autorità legittime, considerando che vi sono investigazioni in corso e informazioni coperte da segreto. Tuttavia, a sorpresa, il presidente del Copasir, Lorenzo Guerini, ha lasciato aperta la possibilità di una relazione pubblica al termine delle audizioni sul tema, nonostante tutto il resto venga classificato come informazione riservata.
Le contraddizioni del governo e le reazioni delle opposizioni
La gestione governativa del caso Paragon ha mostrato diverse contraddizioni, alimentando il clima di sfiducia. Ad esempio, Palazzo Chigi aveva inizialmente negato la scadenza del contratto con Paragon, per poi correggere il tiro parlando di una sospensione consensuale. La situazione si è ulteriormente complicata il 18 febbraio, quando una comunicazione ufficiale, firmata sempre da Mantovano, ha eluso il question time in Camera riguardante possibili coinvolgimenti della polizia penitenziaria nelle operazioni di spionaggio, motivandosi con la necessità di mantenere la segretezza. Un giorno dopo, il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha smentito di fatto le affermazioni fatte dal collega, affermando che le attività della polizia penitenziaria non hanno riguardato controlli di questo tipo.
Questa conflittualità ha portato ad una crescente pressione da parte delle opposizioni, con il Partito Democratico che ha chiesto chiarimenti legittimi in merito. L’europarlamentare Sandro Ruotolo ha commentato il silenzio come un tentativo di proteggere attività di intelligence contro la trasparenza di cui necessita una democrazia, affermando il diritto dell’opinione pubblica di capire perché giornalisti e operatori di Ong vengano monitorati senza sanzioni. Mantovano, dal canto suo, ha difeso la politica del governo dichiarando che “un silenzio strategico” è necessario per la sicurezza delle operazioni di intelligence, ma esiste una netta distinzione tra il mantenimento della riservatezza e la chiusura totale alle domande legittime dei cittadini.
Il caso Paragon continua a essere un tema caldo, non soltanto per il suo impatto sulla libertà di stampa, ma anche per le ripercussioni che potrebbe avere sulla fiducia dei cittadini nelle istituzioni governative. L’assenza di comunicazione chiara e trasparente da parte del governo alimenta tensione e scetticismo, rendendo impellente l’esigenza di chiarezza nella gestione di tali questioni di rilevanza pubblica.