Un’incontro di lettura e teatro a Roma
Una giovane donna si siede a un tavolino di un caffè parigino, immersa nella lettura de *La leggenda del santo bevitore*, un’opera di Joseph Roth. Questo libro non è solo una lettura per lei, ma anche il cuore pulsante dello spettacolo in scena al Teatro Argentina di Roma, che avrà repliche fino a domenica e si sposterà a Rovereto il 5 marzo, per poi proseguire in tournèe.
La vita di Andreas prende forma
Mentre la ragazza è assorta nella lettura, il personaggio di Roth si materializza al bancone del bar, intento a completare il suo ultimo libro, pubblicato postumo nel 1939. In un abile gioco di narrazione che alterna la prima e la terza persona, Roth diventa narratore della storia di Andreas, un clochard con una forte passione per l’alcol. Andreas vive sotto i ponti della Senna, la sua vita segnata da un passato in prigione, da cui è uscito grazie a Caroline, l’unica donna che riesce a ricordare tra le tante che ha incontrato. Una sera, lungo il fiume, incontra un elegante sconosciuto, forse influenzato dall’alcol, che gli offre 200 franchi con la condizione di restituirli un giorno alla chiesa di Santa Maria di Batignoles, dove si venera Santa Teresa di Lisieux.
Un viaggio di promesse e miracoli
Questo incontro segna l’inizio di un viaggio per Andreas, che cerca di mantenere la promessa di restituzione. Tuttavia, lungo il cammino verso la chiesa, si trova costantemente distratto da eventi inaspettati. La vita lo conduce su sentieri alternativi, e ogni deviazione si traduce in un nuovo “miracolo”, permettendogli di guadagnare denaro, spesso più di quanto avesse inizialmente. Incontra un uomo d’affari disposto a offrirgli un lavoro, rivede Caroline e incrocia un famoso calciatore che fu suo compagno di scuola, generoso nei suoi confronti. Infine, si imbatte in un ex collega minerario. Nonostante questi incontri fortunati, la solitudine di Andreas rimane un tema centrale, evidenziando la sua esistenza caratterizzata da alti e bassi, debolezze umane e una certa purezza d’animo, unita a un virile senso dell’onore e alla speranza in un futuro che spesso affonda nell’alcol.
Attesa e delusione sul palco
Lo spettacolo, prodotto dal Teatro Franco Parenti, ha suscitato grande attesa grazie alla complessità del personaggio e alla possibile identificazione esistenziale con Andreas, interpretato da Carlo Cecchi, che ha recentemente compiuto 86 anni. Tuttavia, al di là delle aspettative, la regia di Andrèe Ruth Shammah e la scenografia di Gianmaurizio Fercioni, caratterizzata da un’atmosfera di pioggia che evoca lacrime, si limitano a una lettura del testo. Cecchi, con un tono ironico e distaccato, sembra prendere le distanze dal personaggio. L’interpretazione si sviluppa in un racconto affabulatorio, sostenuto dalla sua inconfondibile voce, ora cupa e incisiva, ora lenta e strascicata, senza un vero ritmo in questo viaggio verso la dolce e tragica fine del clochard alcolista. In definitiva, l’esibizione non riesce a dare vita al personaggio, rimanendo ancorata a una narrazione che, pur accompagnata da una selezione musicale di qualità, non riesce a coinvolgere appieno il pubblico.