Per il pubblico dell’Arena del Sole di Bologna, la stagione in corso si segnala per l’intensa programmazione di maratone teatrali. Dopo il favore riscosso dall’adattamento dell’opera di Cechov, il palcoscenico si prepara a ospitare, il 22 e 23 marzo prossimi, “La montagna incantata”. Questo nuovo progetto, parte della compagnia Archiviozeta e realizzato in coproduzione con Emilia-Romagna Teatro, celebra Thomas Mann in un anno significativo: ricorre infatti il centenario della pubblicazione del romanzo, i 150 anni dalla nascita dell’autore e i 70 dalla sua morte.
Un’opera che nasce in tempi difficili
La creazione dello spettacolo ha avuto luogo durante gli anni segnati dalla pandemia, un periodo in cui la riflessione su malattia e conflitto è stata particolarmente viva. La proposta drammaturgica è articolata in tre atti, per una durata totale di circa cinque ore, oltre a due ore di intervallo. Questa complessità narrativa e temporale rende “La montagna incantata” una delle esperienze teatrali più ambiziose del panorama bolognese. La sua realizzazione ha richiesto ben quattro anni e ha visto momenti di allestimento itinerante: le scenografie hanno trovato collocazione non solo in alcuni spazi architettonici significativi di Bologna, come l’Istituto Ortopedico Rizzoli, ma anche nel suggestivo Cimitero militare germanico del passo della Futa, sull’Appennino tosco-emiliano.
Un debutto teatrale in un contesto commemorativo
Il debutto sul palcoscenico di “La montagna incantata” rappresenta una prima assoluta, segnata da un profondo rispetto per il materiale letterario originale. «Abbiamo riletto il romanzo durante la pandemia», raccontano Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, i registi e co-autori dell’adattamento. «Abbiamo percepito fin da subito che parlava del nostro tempo, senza necessità di una particolare attualizzazione: bastava ascoltare». Il gruppo di attori coinvolti nello spettacolo ha condiviso un intenso percorso creativo, affrontando il complesso testo di Mann, che tocca tematiche universali e senza tempo. Una di queste è il concetto di tempo stesso, che permea la drammaturgia e interroga il pubblico su libertà , malattia, guerra e morte, spingendo a riflettere sul legame indissolubile tra l’essere umano e il suo contesto.
Elementi visivi e storici nel racconto teatrale
Come parte della sua proposta artistica, il duo di registi ha integrato nel progetto materiali visivi inediti, come filmati storici provenienti dall’Archivio Nazionale del film di famiglia. Questi filmati, risalenti agli anni ’30, mostrano escursioni in montagna, treni e paesaggi splendidi, contribuendo a delineare non solo l’ambientazione, ma anche il modo in cui i contemporanei di Mann vivevano la montagna. Questo espediente offre una prospettiva ulteriormente arricchita su come il protagonista Hans Castorp potesse percepire il paesaggio che lo circonda, per esempio. Guidotti e Sangiovanni sottolineano l’abilità di Mann nell’illustrarci una vasta gamma di temi, dalla scienza alla filosofia, incanalando l’esperienza umana in un tirocinio di introspezione. La narrazione culmina nel momento critico del 1914, quando la realizzazione che il mondo esterno è cambiato irreversibilmente costringe Hans a confrontarsi con il suo futuro incerto, proprio mentre la guerra si prepara ad inghiottire una generazione intera.
Le attese per questo evento teatrale sono palpabili e in crescita, mentre il pubblico si prepara a immergersi in un’opera che promette di rivelare strati complessi del racconto di Mann, in un’atmosfera che fa riecheggiare il nostro contemporaneo.