Sam Altman, amministratore delegato di OpenAI, ha recentemente condiviso sul suo blog una visione audace riguardo al futuro dell’Intelligenza Artificiale Generale (AGI). Secondo le sue previsioni, entro il 2035 ogni individuo avrà accesso a un’intelligenza collettiva equivalente a quella dell’intera popolazione mondiale. Questo scenario, sebbene ambizioso, rappresenta una direzione verso la quale l’industria dell’IA sta mirando, con implicazioni significative per la società.
Altman, consapevole dell’importanza della sua posizione, espone le sue idee in modo da enfatizzare i potenziali benefici dell’IA. Tuttavia, è fondamentale considerare le sue affermazioni come parte della narrativa promossa da una delle principali aziende nel campo dell’IA. A tal proposito, egli distingue chiaramente tra l’AGI “tecnica” e quella definita in termini finanziari e monetari, in riferimento alla collaborazione con Microsoft, sottolineando che l’AGI di OpenAI non è vincolata a criteri economici.
L’amministratore delegato ha identificato tre principi economici che governano l’evoluzione dell’IA. Il primo riguarda il rapporto tra risorse e intelligenza: aumentando le risorse computazionali, l’intelligenza del modello cresce in modo prevedibile ma non lineare. Questo significa che per ottenere miglioramenti significativi è necessario investire risorse sempre maggiori, seguendo leggi di scaling ben documentate. Altman sostiene che questa relazione matematica consente di fare previsioni accurate sui guadagni in intelligenza per ogni dollaro speso.
Il secondo principio evidenzia che il costo dell’IA diminuisce di un fattore dieci ogni dodici mesi, il che potrebbe portare a una diffusione più ampia della tecnologia. Altman fornisce un esempio pratico, evidenziando come il costo dei token di GPT-4 sia calato drasticamente, mostrando l’evoluzione dei costi nel tempo.
Infine, il terzo principio afferma che l’aumento lineare dell’intelligenza genera un incremento “super-esponenziale” del valore socioeconomico. Questa dinamica potrebbe trasformare radicalmente il mondo del lavoro, con l’emergere di assistenti virtuali sempre più sofisticati. Altman fa riferimento a sviluppatori software automatizzati che potrebbero operare con supervisione minima, paragonando l’impatto di questi agenti all’introduzione dei transistor.
Nonostante queste prospettive promettenti, Altman mette in guardia riguardo alla necessità di politiche pubbliche adeguate per garantire una transizione equa. Un aspetto cruciale è la governance dell’AGI. OpenAI sostiene l’importanza di fornire un maggiore controllo agli utenti finali, bilanciando sicurezza e autonomia. Altman esprime preoccupazione per il rischio che governi autoritari possano sfruttare l’IA per il controllo sociale, sottolineando l’importanza di una maggiore apertura e accessibilità della tecnologia. Questo commento si rivolge in particolare all’AI Act europeo, criticato da Altman per il suo potenziale rallentamento nell’adozione dell’IA in Europa.
In ultima analisi, Altman immagina un futuro in cui ogni persona avrà accesso a un’intelligenza collettiva, con impatti significativi sulla creatività e sul progresso umano. La sua visione, sebbene ambiziosa, invita a riflettere sulle opportunità e le sfide che l’Intelligenza Artificiale porterà nei prossimi anni.