Editoriale del direttore
In un contesto globale in continua evoluzione, i governi dovrebbero supportare i capitalisti nella loro competizione per l’innovazione, piuttosto che ostacolarli. È giunto il momento di affrontare il tema dell’intelligenza artificiale come un elemento cruciale di un conflitto più ampio, escludendo dal calcolo del deficit ogni investimento in questo settore.
Il summit mondiale sull’intelligenza artificiale
<p>Il recente summit mondiale dedicato all'intelligenza artificiale, tenutosi a Parigi il 10 e 11 febbraio 2025, ha fornito spunti significativi per riflettere sul futuro di questa leva innovativa. Un punto centrale emerso è la consapevolezza tra i principali paesi europei che la vera sfida non risiede tanto nei principi etici o nelle buone intenzioni, quanto piuttosto nella questione economica. La novità più rilevante di questo incontro è stata l’ammissione che, nella guerra tecnologica tra Stati Uniti e Cina, l’Europa deve agire per non rimanere marginalizzata, trasformando l’Unione Europea in un terreno fertile di opportunità piuttosto che in un mero insieme di normative.</p>
<p><strong>Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Europea, ha annunciato un investimento di 200 miliardi di euro</strong> nell'ambito della strategia “InvestAi”, suddivisi tra 150 miliardi per iniziative private e 50 miliardi direttamente gestiti da Bruxelles, di cui 20 miliardi destinati alla creazione di Gigafactory. Questa strategia mira a spostare l’attenzione dalla centralità dello stato a quella del settore privato, riconoscendo il profitto non come un problema, ma come una necessità per stimolare l'innovazione attraverso la competizione.</p>
<p>Riflettendo su quanto riportato dal Wall Street Journal, <strong>creare valore e valorizzare ciò che si crea è fondamentale per non disperdere un patrimonio di idee e tecnologie</strong>. Se le affermazioni riguardo a DeepSeek, l’IA cinese, sono veritiere, l’Europa potrebbe non essere così esclusa come si pensava. Tuttavia, esiste un problema di proporzioni: <strong>i 200 miliardi di euro europei, seppur significativi rispetto all'Italia</strong>, dove il governo ha recentemente presentato un accordo con OpenAI del valore di un miliardo di euro per il periodo 2024-2028, risultano esigui rispetto agli investimenti delle grandi aziende tecnologiche americane, che hanno annunciato oltre 500 miliardi di dollari per lo sviluppo dell'IA. Inoltre, la Francia ha comunicato investimenti privati per 109 miliardi di euro, mentre Elon Musk ha offerto 92 miliardi di euro per acquisire OpenAI.</p>
<p>La competizione tra capitalisti non deve spaventare; al contrario, i governi dovrebbero sostenere questa competizione per stimolare l'innovazione e prevenire spese improduttive. <strong>In questo contesto, il governo italiano sta promuovendo un'iniziativa in Europa per trattare l'IA come una questione di sicurezza nazionale</strong>, proponendo di escludere gli investimenti in questo settore dal calcolo del deficit. Questa direzione è promettente, ma è fondamentale incentivare la logica del profitto, piuttosto che reprimerla con normative restrittive.</p>
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<a href="https://www.ilfoglio.it/autori/claudio-cerasa/">Claudio Cerasa</a>
<a href="https://www.ilfoglio.it/autori/claudio-cerasa/">Direttore</a>
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<p>Claudio Cerasa, nato a Palermo nel 1982 e residente a Roma, lavora al Foglio dal 2005 e ne è direttore dal gennaio 2015. Ha pubblicato diversi libri e si distingue per la sua passione per la musica e la cucina. È padre di due figli.</p>
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