Miliardi di euro sono stati destinati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale in Europa, ma non tutti i leader mondiali sembrano condividere la stessa visione. Durante il summit di Parigi, tenutosi nel febbraio 2025, gli Stati Uniti e il Regno Unito hanno deciso di non firmare la dichiarazione finale, un documento che ha visto l’adesione di sessanta Paesi, tra cui l’Italia e l’Unione Europea. I firmatari si sono impegnati a promuovere un’intelligenza artificiale che sia “sostenibile e inclusiva”, nonché “trasparente, etica, sicura e affidabile”. La posizione di Londra e Washington si è rivelata in contrasto non solo con le nazioni europee, ma anche con Paesi come Cina, India, Giappone, Australia e Canada. La dichiarazione ha anche fissato obiettivi ambiziosi, come l’accessibilità dell’AI, la creazione di una piattaforma internazionale per il suo sviluppo e la garanzia che non sia monopolizzata da pochi gruppi industriali, assicurando, infine, una cooperazione internazionale nella governance.
Il Regno Unito: «Poca chiarezza sulla governance»
Il Regno Unito ha sollevato preoccupazioni riguardo alla mancanza di chiarezza nella governance globale dell’intelligenza artificiale. Un portavoce del governo britannico, presente al Grand Palais di Parigi, ha dichiarato: «La dichiarazione non fornisce sufficiente chiarezza pratica sulla governance globale, né affronta adeguatamente le questioni più complesse legate alla sicurezza nazionale e alle sfide che l’IA presenta». Anche il vicepresidente americano Jd Vance ha giustificato la scelta di non firmare, avvertendo dei rischi di alleanze con “regimi autoritari”, alludendo chiaramente alla Cina.
Motivazioni degli Usa per non firmare
Gli Stati Uniti hanno espresso preoccupazioni specifiche riguardo alla regolamentazione dell’intelligenza artificiale in Cina, dove questa tecnologia è utilizzata per pratiche come la sorveglianza di massa e il social scoring, che monitora il comportamento dei cittadini per limitare i loro diritti. Vance ha anche criticato l’Unione Europea, ritenuta responsabile di regolamenti eccessivamente restrittivi, come l’AI Act. Ha affermato: «Abbiamo bisogno di regimi normativi internazionali che favoriscano la creazione di tecnologie di intelligenza artificiale anziché strangolarla», invitando i partner europei a guardare a questo nuovo settore con ottimismo piuttosto che con timore.
Discussioni al summit di Parigi sull’AI
Durante il summit di Parigi, l’Unione Europea ha risposto alle posizioni americane con un piano ambizioso. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha presentato InvestAI, un progetto di investimento da 200 miliardi di euro per la creazione di grandi centri di intelligenza artificiale in Europa. Questa somma proviene da una combinazione di fondi pubblici e privati, con 50 miliardi provenienti dagli Stati membri dell’UE e 150 miliardi da grandi aziende come Airbus, L’Oréal, Mercedes, Siemens e Spotify.
La Francia, in qualità di Paese ospitante, ha annunciato investimenti per oltre 100 miliardi di euro, sottolineando la sua capacità di fornire energia nucleare, essenziale per alimentare i server senza contribuire all’emissione di gas serra. Infine, il maggiore investimento noto rimane quello degli Stati Uniti, con il presidente Donald Trump che ha recentemente svelato Stargate, un piano da 500 miliardi di euro finanziato da grandi aziende tecnologiche come OpenAI, Oracle e Softbank.