Giovanni Bonaldi presenta la mostra “La cura”: un omaggio alla vita quotidiana e all’amore filiale

Giovanni Bonaldi inaugura la mostra “La cura” a Serina, esplorando il tema della fragilità umana attraverso opere d’arte realizzate con oggetti quotidiani e ispirate alla sua esperienza con la madre anziana.
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Giovanni Bonaldi, artista serinese e insegnante al Liceo artistico Giacomo e Pio Manzù di Bergamo, inaugura oggi la sua nuova mostra intitolata “La cura”, che sarà visitabile fino all’1 giugno presso l’oratorio dell’Immacolata a Serina. L’esposizione trae ispirazione dall’esperienza personale di Bonaldi con la madre anziana, Gina Carrara, di 90 anni. La mostra si propone di esplorare il tema della cura attraverso oggetti quotidiani trasformati in opere d’arte.

Un viaggio tra oggetti quotidiani

L’idea per questa esposizione è nata in un momento semplice ma significativo: mentre Giovanni assisteva sua madre durante le sue necessità quotidiane. Utilizzando una manopola come supporto per prendere appunti, ha realizzato che gli oggetti comuni possono diventare strumenti espressivi. La mostra include opere create con materiali come manopole monouso utilizzate per gli allettati, stufe e ciabatte. Questi elementi rappresentano non solo il vissuto della famiglia Carrara ma anche una riflessione sulla fragilità umana.

Ogni opera esposta racconta una storia profonda legata alla vita della madre di Bonaldi e alla realtà delle famiglie che si prendono cura dei propri cari anziani o malati. Le opere non nascondono l’imperfezione della vita; al contrario, ne celebrano la bellezza intrinseca attraverso un linguaggio artistico delicato ma incisivo.

Il significato del tempo nella cura

Il titolo “La cura” racchiude un messaggio chiaro: l’importanza del tempo dedicato ai propri cari. Nella sua introduzione alla mostra, Bonaldi spiega come lui e suo fratello Ruggero abbiano voluto restituire a loro madre quel tempo prezioso che spesso viene trascurato nella frenesia della vita moderna. Ogni opera diventa così un tributo a momenti condivisi: dal ritratto dell’anziana aggrappata al tavolo con tubetti di crema alle immagini evocative delle routine giornaliere scandite da medicine e fisioterapia.

In questo contesto emerge anche il termine ebraico “tippùl”, che significa sia “cura” sia “preoccupazione”. Questo concetto invita a passare dalla mera preoccupazione all’azione concreta nel prendersi cura degli altri.

Opere emblematiche ed esperienze sensoriali

Due grandi opere speculari fanno da cornice all’esposizione: “Fuori dal Bosco” sul palcoscenico e il trittico “Il vigilante sulla soglia” in platea. Queste creazioni richiamano elementi naturali come cortecce e tronchi, suggerendo parallelismi tra la natura umana e quella vegetale.

Le ultime opere presentate sono parte della serie del bosco; i colori azzurri richiamano quelli degli affreschi presenti nel Teatro Greppi stesso. Inoltre, le scale ospitano una citazione ispirata da un recente viaggio a Parigi: “L’esprit d’escalier” dell’artista William Kentridge.

Un teatro vivo nonostante le difficoltà

La mostra si svolge in uno spazio ricco di storia culturale ma attualmente dichiarato inagibile dal 2016. Nonostante ciò, grazie agli sforzi del direttore don Nicola Brevi, sono state organizzate diverse iniziative per mantenere viva la comunità attorno al teatro stesso. È previsto un progetto di restauro sotto valutazione dalla Soprintendenza che dovrebbe iniziare entro fine anno.

“La cura” è quindi più di una semplice esposizione artistica; è un invito a riflettere sull’importanza delle relazioni familiari attraverso lo sguardo sensibile dell’artista verso il mondo circostante.

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