Un recente studio ha rivelato la presenza di 34 nuovi oggetti candidati noti come “blue blobs” all’interno del Virgo Cluster, uno dei gruppi di galassie più vicini e studiati. Questi sistemi stellari isolati presentano caratteristiche uniche e sono stati identificati grazie a un programma di citizen science che ha coinvolto centinaia di volontari nella classificazione delle immagini astronomiche.
Il contesto del Virgo Cluster
Il Virgo Cluster è un agglomerato di galassie situato a circa 54 milioni di anni luce dalla Terra. È uno dei cluster più studiati dagli astronomi, grazie alla sua relativa vicinanza e alla varietà delle sue componenti. Recentemente, il team guidato da Michael G. Jones dell’Università dell’Arizona ha fatto una scoperta significativa: l’identificazione di 34 nuovi candidati appartenenti alla categoria dei blue blobs. Di questi, ben 13 mostrano caratteristiche ad alta affidabilità, mentre sei sono già stati confermati tramite spettroscopia ottica utilizzando il telescopio Hobby–Eberly Telescope .
I blue blobs sono nubi isolate in cui avviene la formazione stellare ed hanno una massa inferiore alle 100.000 masse solari ma risultano sorprendentemente ricche in metalli. Queste nubi si trovano immerse nel mezzo caldo intra-ammasso e rappresentano alcuni degli effetti estremi del ram pressure stripping, un fenomeno che si verifica quando il gas viene strappato via da una galassia durante la sua caduta in un cluster.
La metodologia della scoperta
Per arrivare a questa scoperta, i ricercatori hanno avviato un progetto su Zooniverse per coinvolgere cittadini nella scienza partecipativa. I volontari hanno esaminato oltre 150.000 immagini ottiche e ultraviolette provenienti da tre importanti survey: il Next Generation Virgo Cluster Survey con il telescopio CFHT, il Dark Energy Camera Legacy Survey e i dati UV dal telescopio spaziale GALEX.
I partecipanti erano incaricati di cercare strutture irregolari caratterizzate da emissione ultravioletta intensa – indicatori tipici della recente formazione stellare – rendendo cruciale l’intervento umano poiché le morfologie irregolari dei blue blobs possono sfuggire ai riconoscimenti automatici degli algoritmi.
Conferme spettroscopiche e analisi dettagliata
Tra i sei blue blobs confermati dal team ci sono oggetti che presentano velocità radiali compatibili con l’appartenenza al cluster della Vergine ed elevata abbondanza metallica; queste caratteristiche li distinguono nettamente dalle normali galassie nane formatesi in isolamento. L’analisi suggerisce che questi oggetti siano generati da gas pre-enriched proveniente da cicli stellari precedenti strappato via da galassie più grandi.
Inoltre, alcuni blue blobs sembrerebbero corrispondere a rilevamenti precedenti delle cosiddette “dark clouds”, ovvero nubi prive d’emissione ottica ma contenenti idrogeno neutro . Questo legame è stato supportato dalla somiglianza nelle velocità Hα tra i blue blobs e le loro rispettive nubi H I.
Distribuzione spaziale nei filamenti del cluster
La distribuzione spaziale dei nuovi candidati indica una tendenza a formarsi lungo filamenti galattici diretti verso il centro del cluster mentre evitano le zone centrali più dense e calde dove le condizioni potrebbero non favorire la formazione stellare efficace. Questo suggerisce che la nascita dei blue blobs sia favorita in ambienti intermedi: sufficientemente densi per attivare lo stripping ma non così estremamente caldi o densi da distruggere immediatamente il gas prima che possa dare origine a nuove stelle.
Jones sottolinea come molti degli oggetti identificati non sembrino derivare semplicemente da galassie recentemente entrate nel cluster; piuttosto indicano processi complessi anche dopo diverse orbite all’interno dello stesso ambiente gravitazionale.
Un nuovo paradigma nell’evoluzione delle galassie
Questa scoperta contribuisce ad ampliare la nostra comprensione dell’evoluzione delle strutture cosmiche nei gruppi di galassie mostrando come i blue blobs possano essere considerabili cugini estremi delle cosiddette jellyfish galaxies: formazioni nate dal gas strappato ma completamente distaccate dai loro progenitori originari. Le loro peculiarità chimiche ed evolutive pongono interrogativi significativi sui modelli attuali riguardanti l’evoluzione nelle regioni densamente popolate dai clusters.
Ulteriori analisi spettroscopiche saranno condotte utilizzando HET insieme al radiotelescopio GBT per approfondire ulteriormente queste scoperte; tuttavia lo studio dettagliato delle popolazioni stellari risolte richiederà strumenti avanzatissimi come quelli forniti dal James Webb Space Telescope .
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