Cancellazione di 16,4 miliardi di euro dalle cartelle contributive dell’Inps: impatti e conseguenze

L’Inps approva lo stralcio di 16,4 miliardi di euro in cartelle contributive, sollevando preoccupazioni per le future ripercussioni finanziarie sulle gestioni dei lavoratori dipendenti e necessitando coperture statali.
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La recente delibera del Consiglio di Indirizzo e Vigilanza dell’Inps ha approvato lo “stralcio” delle cartelle contributive, che comporterà la cancellazione di 16,4 miliardi di euro dai residui attivi. Questa decisione è il risultato di vari provvedimenti legislativi adottati tra il 2018 e il 2022. Sebbene l’impatto immediato sul Rendiconto generale per il 2024 sia stimato in 13,7 miliardi, le perdite saranno coperte dal Fondo di svalutazione dei crediti. Tuttavia, ci sono preoccupazioni riguardo alle ripercussioni a lungo termine sulle Gestioni dei lavoratori dipendenti.

Impatto finanziario della cancellazione

L’operazione di stralcio avrà un effetto significativo sul fabbisogno finanziario dell’Inps. Nonostante le perdite siano coperte a breve termine, si prevede che l’ente dovrà affrontare oneri futuri per circa 6,6 miliardi di euro legati all’automaticità delle prestazioni pensionistiche. Questo significa che i lavoratori dipendenti continueranno ad avere diritto alle prestazioni anche se i contributi non versati dalle aziende vengono stralciati.

Il Civ ha evidenziato come questa situazione possa creare un debito implicito per l’Inps nel lungo periodo. Infatti, mentre gli autonomi non hanno diritto a prestazioni se non versano i contributi dovuti – quindi la cancellazione dei crediti non influisce su di loro – per i dipendenti la situazione è diversa: la mancata contribuzione da parte delle aziende continua a garantire diritti previdenziali.

Dettagli sui crediti cancellati

Dei complessivi 16,4 miliardi eliminati dall’Inps attraverso lo stralcio delle cartelle contributive:

  • 400 milioni derivano dallo stralcio dei crediti fino a 1.000 euro maturati tra il 2000 e il 2010, come previsto dal decreto-legge 119/2018.
  • 5,4 miliardi sono stati eliminati grazie allo stralcio dei crediti fino a 5.000 euro, sempre relativi al periodo dal 2000 al 2010, introdotto dal decreto-legge 41/2021.
  • Infine, ben 9,9 miliardi derivano dallo stralcio dei crediti fino a 1.000 euro maturati tra il 2000 e il 2015, secondo quanto stabilito dalla legge di bilancio 197/2022.

A questi importi si aggiungono ulteriori eliminazioni effettuate tramite procedure ordinarie per un totale complessivo vicino ai 1 milione.

Rispetto agli anni precedenti c’è stata una netta crescita nell’importo degli stralci: nel corso del precedente anno erano stati annullati solo 2,8 miliardi; nel 2022 invece era stato registrato un importo nullo.

Necessità di coperture statali secondo il Civ

Il Consiglio ha messo in evidenza l’urgenza che lo Stato intervenga con misure compensative adeguate in risposta agli oneri futuri generati dagli stralci approvati recentemente. È fondamentale considerare queste spese quando si determinano i trasferimenti statali all’Inps nelle prossime leggi finanziarie.

Un punto cruciale sollevato riguarda le disparità tra autonomi e dipendenti: mentre gli autonomi vedono scomparire diritti previdenziali con la mancata contribuzione da parte loro stessi o delle aziende committenti senza alcun effetto futuro sull’Istituto previdenziale; viceversa i lavoratori dipendenti continuano ad avere accesso ai benefici anche in caso d’inadempienze aziendali nei pagamenti contributivi.

Il monito del Civ è chiaro: senza adeguate coperture pubbliche ora rischiano d’insorgere costosi problemi economici nei contabili futuri dell’Ente previdenziale italiano; ciò potrebbe compromettere seriamente l’equilibrio finanziario delle gestioni previdenziali stesse negli anni avvenire.